I puristi del formato (di pasta)

Sono tornata in cucina! 😉 In realtà non sono mai andata via, avendo trascorso l’estate con ben 3 coinquilini su 6 cuochi e svariati altri personaggi che giravano per casa che ben si destreggiavano tra i fornelli, saltando dal macrobiotico al tradizionale napoletano con tutto quello che è possibile infilare tra questi due mondi. Io, come al solito, ho osservato con attenzione, fatto la lavapiatti e mangiato… Al ritorno in patria ho soddisfatto tutte le voglie culinarie bussando alla porta di mia mamma, che non è una chef stellata che fa abbinamenti esotici, ma sul tradizionale spinto ne sa più dei vari cuochetti televisivi. Anche in casa osservo e cerco di imparare per osmosi visiva, ogni tanto affetto&tagliuzzo e mi allungo a prendere la pasta dove la mammina non arriva.

E ja, pigliami i rigatoni” – Tiro giù il primo pacco di pasta dalle sembianze rigatonesche; mi guarda storta – “Questi so’ mezzi rigatoni” – “Eh, non fa lo stesso?“…mi gela con lo sguardo – “Tu nun si’ proprio bbona a cucinà!” – “Vabbè, questo già lo sapevamo. Scusa, che differenza fa un mezzo rigatone da un rigatone intero. E’ solo una questione di centimetri“. Scuote la testa, tutto questo siparietto di fronte al mio amico Gaetano, terrone pure lui, il quale ride sotto ai baffi e incalza la dose: “Eh no, tiene ragione tua madre, per la pasta al forno ci vogliono i rigatoni…che dobbiamo fare con queste mezze cose…” – “Ci manchi solo tu. Continua così e vedi che non mangiamo oggi“. Nel frattempo mio padre è stato spedito a comprare i santissimi rigatoni perché “Ogni sugo deve avere il suo formato di pasta! Che fai, pasta e piselli senza tubetti? O pasta e ceci senza quella mista?” NON SIA MAI!!!

Questa storia della pasta che va abbinata con certi tipi di sughi sembra essere un affare serio, soprattutto tra le madri del sud, ma in generale con il popolo italiano si può scherzare su tutto tranne sul cibo, pasta in primis! Ho dovuto quindi apprendere delle nozioni generiche per non sfigurare proponendo delle inadeguate farfalle al ragù al primo pranzo con un eventuale corteggiatore (che voglio dì, io li porto sempre fuori dove ho amici in cucina così faccio bella figura e spendo il giusto 🙂 ):

Le farfalle sono gentili e vanno con cose leggere, mica le puoi seppellire sotto l’amatriciana. Quella, che è corposa e ignorante, come il suo amico ragù, va con i suoi compagni bucatini o al massimo i tortiglioni, che hanno un certo peso. Le mezze maniche sono un jolly da tutti i giorni, come le mutande basiche monocromatiche che vanno bene per tutta la settimana; quando è il momento di fare i raffinati meglio andare a recuperare delle elegantissime trofie da fare rigorosamente al pesto. Quando è il momento dei sughi che si infilano, ben vengano conchiglione o orecchiette, che nelle loro cavità si annida il meglio…o anche semplicemente del sugo al pomodoro a 400 gradi che quando lo addenti schizza immediatamente ovunque, macchiando tovaglia, maglietta e vicino di sedia! La pasta liscia va con i sughi lisci, la pasta rigata con i sughi sciolti (e ovviamente con i sughi rigati, come dire che chi s’assomiglia si piglia), la pasta all’uovo va un po’ dove vuole, da bosco e da riviera, da cacciagione e da fungo, va pure con la panna, la zozzona! I formati di pasta sono circa 300, opportunamente registrati all’anagrafe con nome, cognome e dna dei genitori; solo di Spaghetti ce ne sono un’infinità, con le taglie e misure peggio dei reggiseni. Come se non bastasse, ad incasinare l’incasinabile, ho scoperto esserci nuovi formati di pasta di design: voi lo sapevate che le Marille sono “figlie” di Giorgetto Giugiaro e che i Campotti di Gragnano sono nati da un’idea del designer Mauro Olivieri?  Io no, non avevo nemmeno idea di che forma avessero, tanto meno il sugo da abbinarci; ma a questo ci penserà la nuova generazione di spadellatori ad illuminarci. Io però so cosa sono gli Stramellari 😛

I dubbi amletici però, persistono: Rigatoni o Spaghetti alla carbonara? Cacio e pepe con la corta o la lunga? Linguine o Spaghetti per le vongole? Puttanesca con Fusilli o Penne? Tra fusillo e ricciolo…che differenza c’è? E poi con cosa vanno d’accordo le famose Pipe…qualcuno può dare suggerimenti sensati? 😉

Io nel frattempo, continuerò a guardare gli altri che cucinano e a prendere appunti! Oltre a non contraddire mai più mia madre quando si parla di pasta! Se invece anche voi siete puristi del formato, datemi/ci tutte le dritte possibili per non sbagliare… Le foto ed i piatti sono di…CUCINAMO, la mia amica dagli occhi blu sempre viva e attiva in cucina 😉

Fragole Amare

“La fragola strega, mica ammazza”

FRAGOLE AMARE: UN INGREDIENTE, UN RACCONTO

C’era del rosa ovunque. Sul tavolo della cucina, per terra, sul tappeto del salotto e anche in camera da letto, purtroppo. Lo scenario era quasi surreale, ricordava vagamente la casa di Barbie, a metà tra la camera di una liceale troppo in fissa con il rosa e l’interno di una pasticceria americana, di quelle che sanno di zucchero filato, panna e fragole 24 ore su 24. Peccato che la casa appartenesse in realtà a tale Raoul, un colombiano di 130 kg con la pelle ricoperta di tatuaggi e la testa senza un capello, nonostante avesse appena compiuto 30 anni. Aveva sempre vissuto da solo in quella casa, accompagnato dal suo fedele gatto rosso chiamato Fresa e dalla sua più grande passione/ossessione: le fragole. Raoul le amava inverosimilmente sopra ogni cosa, in qualunque forma, dimensione e modo. Amava dipingerle in ogni posizione, amava mangiarle in ogni modo, cucinarle, tagliarle, coltivarle e soprattutto utilizzarle in modo ludico durante i suoi svariati incontri sessuali con le varie donne che settimanalmente portava a casa. Non era portato per la monogamia, tanto meno per le relazioni a lungo termine, ma la sua passione per le donne, soprattutto per il loro corpo, lo obbligava a sedurre, corteggiare e possederne almeno una alla settimana. E ci riusciva, nonostante non fosse di una bellezza esilarante.

Quella settimana, però, qualcosa era andato storto. O almeno questo era quello che aveva pensato il commissario Savarese alla vista del cadavere ritrovato in camera da letto di Raoul: donna bionda, massimo 25 anni, completamente nuda, rivolta a faccia in su, completamente ricoperta di quella che a prima vista sembrava crema di fragole, faccia gonfia di un color rosso acceso. Mentre guardava gli uomini della scientifica al lavoro, intenti a raccogliere campioni su quel corpo ormai freddo, non poteva fare a meno di restare stordito da tutte quelle fragole che aveva intorno: a fette, disposte in maniera maniacale su una crostata, intere in una coppa di champagne, dipinte sui muri a grandezza naturale e microscopiche addirittura sulla carta igienica in bagno; per non parlare di saponette, cuscini e pupazzi sparsi ovunque. Singolare passione per un idraulico colombiano dall’aspetto truce. “Reazione allergica” – il commissario si scosse – “Niente segni di violenza, né stupro, né utilizzo di armi o lame. Una banale e violenta reazione allergica“. Scosse la testa di nuovo. “Sfiga. Se solo fosse stata allergica al kiwi…E ora portatemi fuori da questa Big Babol gigante“. FINE

fragola in tutti i modi di cucinamo

Spennellami!

Lo spennellamento è un’arte! Maneggiare strumenti, colorare piatti, distribuire tocchi di sapore sotto alle pietanze è parte del gioco di chi in cucina ci gioca (e ci sa fare). Che sia estetica non si discute: un tocco di pennello, così come ogni guarnizione extra, rendono il tutto molto più bello ai nostri occhi; ma non è solo quello il fine del pennello. Si spennella per non mettere una cucchiaiata invadente di salsa sotto la carne, per non eccedere con i sapori, per decorare e rendere accattivante un piatto abbinando i gusti con cautela, senza esagerare con la quantità e nello stesso tempo regalando spunti per un simpatico effetto cromatico. Il gesto è rapido e preciso, la consistenza deve essere giusta, la scelta dello strumento ancora di più. In cucina si spennella con il pennello, quello in silicone in primis, ma anche con il cucchiaio, le spatoline, il vaporizzatore (roba che io farei il piatto a pois), carta, spugna, biberon (?) o ramaiolo. Come suggerisce Carolina “Lo si fa in tanti modi, ma quasi mai a caso!” Perché vista così sembra facile, ma a fare un troiaio ci vogliono cinque secondi…

gli spennellamenti di cucinamo (con cuoca, finalmente)

Voi avete mai spennellato? 😉

 

La cospirazione dell’avocado part.3

Ma l’avocado di cosa sa?!?

STORIA IN 3 PIATTI E 3 PUNTATE: LA COSPIRAZIONE DELL’AVOCADO PT. 3

[puntata precedente] Gabriele si scosse, tirò su la testa con la faccia sgualcita; cercò di capire nell’oscurità dove si trovasse, poi scorse il profilo di Panda ancora davanti allo schermo e le sue mani che velocemente digitavano sulla tastiera. “Sei crollato, eh?” – “Merda sì, scusami…” – “Figurati, lo so che voi comuni mortali non siete abituati a passare le notti in bianco davanti a schermate bianche e nere piene di codici e numeri” – “Eh sì, io al massimo posso passare qualche ora davanti a youporn, poi mi stanco anche di quello.” Panda scoppiò in una sonora risata “Youporn?!? Roba da adolescenti. Prima o poi ti farò vedere qualcosa di serio…Per il momento vieni cosa sono riuscito a scovare qui.” Si aprirono mille finestre, pagine internet con immagini e ritagli di giornali, grossi titoli che inneggiavano a cali delle nascite sospette e ad un’indagine alla HealtyLife insabbiata magicamente nel giro di poche settimane. “Beh, fin qui mi sembra che avevamo già visto tutto…” – “Sì, bello addormentato sul tavolo. Questo è quello che è uscito fuori. Ma io sono entrato dentro…” Lo sguardo di Gabriele si illuminò, Panda non stava nella pelle; tra hackerare l’Università e una multinazionale c’era la sua differenza, ma lui, con l’aiuto di qualche “collega”, c’era riuscito, infiltrandosi come un ladro nel sistema centrale, spiando mail, conversazioni e dati. Sembrava incredibile, ma i sospetti non erano infondati, anzi. La HealtyLife aveva due attività parallele, una di distribuzione di frutti esotici e l’altra di produzione di integratori “naturali”. E chimici. In un laboratorio sotterraneo i signori di questa grande azienda si divertivano a condurre esperimenti il cui fine era uno, allucinante, orribile: fare in modo di ridurre drasticamente il numero delle nascite e quindi dell’aumento della popolazione…rendendo sterile chiunque mangiasse avocado da loro distribuiti. “Ma questa è follia pura!” – “Il capo supremo, tale Jim Afrosan, è anche il fondatore di Lifeology, una setta di pazzi fogati che cercando di salvare il pianeta e la natura e che vedono nell’uomo la causa prima della rovina del pianeta. Il che, in parte, potrebbe essere vero…quello che sta cercando di fare, in maniera “naturale”, secondo il suo folle pensiero, è limitare i nuovi arrivi umani sul pianeta, non uccidendo chi già c’è, ma impedendo all’uomo di riprodursi. Pare che siano riusciti ad inserire una molecola in grado di alterare l’apparato riproduttivo, mandando completamente in palla il sistema. Ovviamente le sperimentazioni sono partite dai dintorni, ecco perché si trovano solo pochi articoli al riguardo e le indagini sono state insabbiate perché chissà quale strana promessa hanno fatto alle autorità. Sono fottutissimi giochi di potere di chi detiene il denaro. Il solito schifo.” Era molto più del solito schifo, era un dramma di proporzioni epiche, vista la massiccia diffusione di avocado&Co; Panda intercettò ancora una volta il suo pensiero “Le campagne di promozione dell’avocado della morte sono state pilotate perfettamente. Una volta che hanno perfezionato la formula magica hanno coinvolto chiunque: nutrizionisti, media, chef, web star e influencer di ogni genere affinché l’avocado venisse mangiato il più possibile. E’ ovunque. Ce la stanno facendo. Ce la faranno…“. Gabriele sprofondò sul divano, distrutto, il cervello annebbiato dai pensieri e dalla notte semi insonne. Era più di quello che sospettava, forse non voleva avere tutte queste conferme. Forse non voleva questo peso sulle spalle. Ma adesso ce l’aveva: chiudere gli occhi e far finta di niente? Salvare se stesso e i suoi amici più stretti o salvare tutti? Denunciare, sì, ma con cosa in mano, documenti riservati tirati fuori illegalmente da un pirata della rete? “Spegni il cervello ora, è tardi“.

Hai una faccia orribile, ma cosa ti è successo?” – “Ho passato una serata impegnativa” – “Vecchio maiale“. Seduti al tavolo del locale dove andavano in pausa pranzo, Maria continuava a fissarlo con aria sospetta. “Carina?” – “Chi?” – “Quella con cui sei stato ieri notte…” – “Ma va, magari, no no. Impegnativa in altri sensi. Ormai con il sesso ho trovato la mia dimensione zen. Astinenza e via.” Maria rise fortissimo, Gabriele sorrise appena, la testa che vagava nel vortice delle nuove scoperte, avvolto nel più oscuro senso di impotenza. Fino a quando non arrivò la cameriera con i due piatti: su uno stavano le sue uova strapazzate con bacon, sull’altro un filetto di salmone fritto su guacamole. Si pietrificò all’istante, incapace di aprire bocca ma con lo sguardo terrorizzato. “Ancora con la storia dell’avocado? Sei paranoico...”. Magari fosse stata solo paranoia. [Fine]

SAlmone fritto su guacamole e pompelmo di  CUCINAMO FIRENZE

LA COSPIRAZIONE DELL’AVOCADO PART.2

Ma l’avocado di cosa sa?!?

STORIA IN 3 PIATTI E 3 PUNTATE: LA COSPIRAZIONE DELL’AVOCADO PT. 2

[puntata precedente] Certo non era facile reperire informazioni al riguardo, informazioni più approfondite, informazioni delicate, informazioni segrete. Una lucina brillò in fondo al suo sguardo: Panda999, ecco la soluzione. Panda999, il cui nome era in realtà Matteo, era stato un suo compagno di università; la sua passione per gli studi, però, era niente in confronto a quella per i sistemi informatici, che aveva approfondito a fondo fin dall’adolescenza diventando un piccolo pirata della rete. Non di quelli cattivi, o meglio, non fino a quando non ce n’era bisogno. Ai tempi lo aveva aiutato a falsificare un paio di voti agli esami e a scoprire la relazione che la sua ex aveva portato avanti per tre anni, quella stronza! Prese subito in mano il telefono: “Stasera da Bongo? Ho una missione per te“. La risposta non si fece attendere: il classico pollice in su (quello nero). Poche parole, massima efficienza. La giornata passò velocemente saltano da un sito all’altro: coltivatori, distributori, multinazionali spacciatrici di avocado in tutto il mondo; una lobby gigantesca che dall’ America produce infinite varietà del frutto a forma a pera (o anche di testicolo, infatti scoprì che lo stesso nome, in lingua Atzeca, indicava anche le palle maschili…che stranezza!). HealtyLife, grossa compagnia Americana con sede operativa nel cuore del Messico, si rivelò il più grande distributore di avocado…

Ciao Gabri” – “Bella Panda, che si dice?” – “Non mi lamento, il lavoro è una merda, ma a fine mese arriva comunque lo stipendio in banca.” – “E ti pare poco?“. Si accomodarono in un tavolo faccia muro e vista parcheggio; il Bongo era un loschissimo locale per camionisti, di quelli lungo i nodi stradali che portano all’autostrada; un buco, tavoli di legno, bancone lungo, servizio imbarazzante fatto dalla moglie del proprietario, Ida, una signora sempre scoglionata dai capelli sale e pepe portati in una crocchia bassa, moscia, proprio come la sua flemma giornaliera. Però Gino faceva degli hamburger da paura a prezzi più che onesti. “Quindi?” li interpellò Ida con la voglia di vivere sepolta sotto ai piedi. “Io un bacon burger e una birra media” – “Per me un avocado burger con patate ed un’acqua naturale”. Annotò con lentezza e con lentezza si avviò in cucina. “Da quando sei diventato salutista, Panda?” – “Da sabato, dopo l’ultima sbornia dopo la quale mi sono ritrovato a casa con tre donne di cui ignoravo perfino il nome” – “Ahahah, poteva andarti peggio. Potevi tornare a casa senza un rene!” – “Fai poco lo spiritoso, odio perdere il controllo. E lo sai. Quindi? Di che si tratta la missione? Spero qualcosa di interessante, che non ne posso più di entrare nei sistemi operativi delle università per falsificare esami. Questi studenti non hanno veramente voglia di fare un cazzo….però pagano“. Si concesse un sorriso, il suo modo non propriamente illegale di arrotondare lo stipendio in realtà gli piaceva da morire. “Avocado. C’è qualcosa sotto. E io voglio scoprirlo.” Panda999 lo fissò con la faccia perplessa allora Gabriele iniziò a esporgli i suoi dubbi e le sue teorie sulla massiccia distribuzione di questo frutto e sul sospetto che in realtà lo usassero come mezzo per colpire gli esseri umani con qualcosa di strano. Tirò fuori un pacco di fogli stampati, articoli di giornale in cui si evidenziava un aumento della sterilità ed un precipitoso calo di nascite proprio negli stati con maggior consumo di avocado, prima su tutte una cittadina messicana. Guarda caso sede della HealtyLife. “Hai ricominciato a drogarti?” – “Non ho mai smesso. Ti prego, devi aiutarmi ad andare a fondo a questa cosa“. Gli occhi di Panda si aprirono improvvisamente, mostrandoli grandi come Gabriele non li aveva mai visti (Panda aveva sempre l’occhio a mezz’asta, corredato da prepotenti borse nere). “Sei pazzo fratello, ma la cosa mi intriga“. Ida arrivò poggiando i piatti sul tavolo. Panda fissò il suo avocado burger. “E ora che faccio. Lo mangio o lo scanso?” – “Vedi tu...” [continua]

AVOcado burger fatto con amore da cucinamo firenze

La cospirazione dell’avocado part.1

Ma l’avocado di cosa sa?!?

STORIA IN 3 PIATTI E 3 PUNTATE: la cospirazione dell’avocado PT. 1

Dopo il quarto giorno che la vide ordinare una bruschetta con uovo e avocado, Gabriele la interruppe con sguardo interrogativo “Ma l’avocado…di cosa sa esattamente?“. Con il boccone ancora in bocca Maria lo fissò con aria sospetta: “Che domande fai? L’avocado sa…di avocado“. Scosse la testa. “Eh, grazie al cazzo…voglio dire, se lo separi dal resto non è tutto questo gran che, ha una consistenza che sembra burro…” – “Sì, infatti è uno dei frutti più grassi, però ha un sacco di proprietà benefiche“. Gabriele si zittì per un momento, vagamente perplesso. “Comunque non sa di niente. E’ solo diventato di moda.” Maria finì la sua colazione quasi scocciata: “Ma com’è che adesso ti stai fissando sull’avocado? Che ti ha fatto di male, il poveretto?” – “A me niente. Solo mi sembra strano tutta questa esplosione dell’avocado nei menù di mezzo mondo proprio in questo momento storico. Così. Non mi torna…” – “Sei paranoico” – “E tu sei dipendente da quel coso verde“.

Uscirono dal locale diretti a passo svelto verso l’ufficio. Entrambi lavoravano per una grossa casa farmaceutica, lei nel marketing, lui nel reparto commerciale; niente di esilarante, ma per ora questo passava il convento. Si salutarono nell’ascensore, quando Gabriele raggiunse la sua scrivania accese subito il pc, ma senza assolutamente pensare al lavoro. Era un fiero sostenitore delle teorie cospirazioniste, convinto che qualcuno dietro le quinte stesse manovrando l’intero pianeta per…ecco, sulla motivazione aveva ancora dei dubbi, ma sulle azioni ed intenzioni assolutamente no. Questo avocado l’aveva insospettito da tempo: troppi, troppo massiccia la distribuzione, troppo rumore dietro ad un frutto che sua nonna non sapeva nemmeno cosa fosse. Aprì google e cominciò la sua pazza ricerca a tema avocado: proprietà benefiche, origine, controindicazioni e addirittura “Forse non ci avete mai fatto caso ma la forma dell’avocado ricorda inequivocabilmente quella dell’utero, arrotondata e un po’ a pera. Inoltre dentro la “pancia” è presente un gran seme e per completare la maturazione impiega 9 mesi.. strano no? Non troppo se pensiamo che questo frutto è ricco di folati, sostanze nutritive che promuovono la sviluppo dei tessuti e di nuove cellule, particolarmente importanti in alcune fasi della vita come la gravidanza, l’allattamento e i primissimi anni di vita.” “Ah, però…questa non la sapevo“, gli sfuggì ad alta voce. “Cosa, che il viagra che produciamo potrebbe farti comodo?“. Angelo, il suo collega di ufficio, si alzò e gli piombò dietro al computer, ridendo con forza; chiuse subito la pagina, si unì alla risata “Certo, prima o poi mi servirà. Per ora credo di potermela cavare“. Avocado, viagra, gravidanze, case farmaceutiche…un sacco di pensieri si stavano affacciando alla sua mente. Riaprì il computer e si rimise a cercare…[Continua]

In serie artigianale

Il finger food è tutto quello che si mangia con le mani. Per estensione è diventato anche tutto ciò che si mangia dentro a piccolissimi contenitori con piccolissime posate: bicchierini e ciotolini abbinati a forchettine e cucchiaini; va bene tutto, basta che sia pratico, veloce e mono-porzione. Dai salatini anni 90 alla pappa al pomodoro in bicchiere, tutto può diventare finger food...anche le polpette al sugo, basta farle piccoline ed appoggiarle su un piattino. Il finger food funziona negli aperitivi o agli eventi perché ti fa sentire meno in colpa se nel piatto hai 10 piccole ciotole invece di montagne di pasta, insalata di riso o pollo al curry. E poi non ti sporchi, è pratico e sembra che mangi di meno (in realtà finisci a provare tutti i bicchierini presenti in giro, a volte pure con il bis o la tripletta perché per capire di cosa sa te ne servono un po’). Ma i finger food sono uno sbattimento allucinante, figli di una certosina manodopera alla quale viene affidato un arduo compito, ovvero comporre una serie di piatti in serie, tutti meravigliosamente uguali, colorati, bilanciati e sistemati, come appena usciti da una confezione di Sofficini surgelati, tutti perfettamente identici nella loro fattura industriale. Invece dietro ad ogni piccola ciotolina c’è un paziente lavoro manuale, l’artigianalità nel posizionare gli ingredienti principali, il condimento, il decoro e pure la spolverata finale. Un gesto che viene ripetuto per centinaia di volte…fino a comporre quel vassoio allettante che viene attaccato brutalmente dai presenti, attratti dalla bellezza, ma non sempre coscienti del lavoro che c’è dietro. Ecco, la prossima volta che vi avventate senza rispetto sui vassoi dei finger food, fate un minuto di riflessione pensando a chi tutti quei bellissimi e buonissimi aperitivi se li è dovuti comporre pazientemente UNO per UNO. In serie. Artigianale… 😉

Finger food rigorosamente in serie dolci/salati di cucinamo

Se volete sapere con cosa sono composti questi bellissimi aperitivi dovete andare su Instagram di cucinamo firenze: lei lì scrive tutto! O quasi 😉

A cena da solo pt.3

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Andare al ristorante da soli è da sfigati

STORIA IN 3 PIATTI E 3 PUNTATE: A CENA DA SOLO PT. 3

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[] Voltare pagina voleva dire scrollarsi di dosso il fantasma di Marianna, di un passato pesante, di una fine burrascosa, della malinconia dei ricordi di quel che fu ma che non era ormai da tempo. Voltare pagina, via da quella casa, da quelle mura strette, da quel centro trafficato, da quel piccolo nido d’amore diventato una prigione. Voltare pagina senza rimuginare sulle scelte ormai fatte anche sul lavoro: in fin dei conti per un creativo marcire in un ufficio non è una grande aspirazione, almeno non per lui, ed avere a che fare con incompetenti che se la tirano senza motivo e che si permettono di darti ordini è oltremodo frustrante. E’ stata la scelta migliore…eppure perché continuava a domandarsi se non aveva fatto le tre più grosse cazzate della sua vita? Perché, perché stare solo va bene, ma a volte è anche utile uscire dai vortici della propria mente, intercettare altre opinioni o solamente distrarsi. Alzò gli occhi, incrociò quelli di Eva. Stasera aveva voglia di distarsi. Alzò la mano, richiamando la sua attenzione.

Dica?

Eva, io sono Carlo…possiamo darci del tu?” – “Beh…sì, certo, dimmi…” – “Molto meglio. Era tutto perfetto e ti ringrazio. Per concludere ci manca solo un caffè corretto alla sambuca. E magari quattro chiacchiere…” – “Per il caffè non c’è problema, le chiacchiere in servizio non mi sono concesse” – “Sei meravigliosamente precisa. Si vede da quant’è perfetta questa coda. Vada intanto per il caffè. Solo una domanda…” Il livello di imbarazzo aveva raggiunto i massimi, oltre ad un certo brivido nelle zone del basso ventre. “Hai mai preso delle decisioni di cui eri estremamente convinta ma con la sensazione costante di aver fatto una cavolata immane?” – “Domanda impegnativa per un fine serata di lavoro…faccio il caffè e ci penso due minuti“.

Carlo sorrise e tornò al suo foglio con mano rapida e uno strana espressione soddisfatta. Eva tornò dopo poco con il caffè ed un minuscolo quadrato di dolce alle fragole “Lo offre la casa, anzi, la chef” – “Pensavo me lo volessi offrire tu” – “Io…ecco, no, io non offro, generalmente mi faccio offrire“. Lo disse quasi senza pensarci, poi si accorse della sfacciataggine, divenne rossa di nuovo e fece per sgattaiolare via ma venne trattenuta da uno “Posso prenderti in parola?” – “Meglio di no“. Fuggì ed in quel preciso istante l’autostima di Carlo fece una serie di saltelli: nonostante l’età, nonostante lo stress, nonostante l’umore altalenante, era ancora in grado di sedurre. Affondò la forchetta nel pan di Spagna, arrivò alla crema e mise tutto in bocca, assaporando quel mix dolce/aspro, quello che ci voleva per chiudere la cena. In quel momento decise di giocarsela fino in fondo. Ultimi tratti sul foglio, chiese il conto al lungo capo-sala che lo portò rapidamente, in fondo erano rimasti solo 2 tavoli oltre al suo, al quale porse subito la carta di credito. Sperava che a riportare lo scontrino fosse Eva…se non altro per evitare mosse sconvenienti sul finale. Ed infatti lei si avvicinò con penna e scontrino, elemosinando silenziosamente la sua firma ma ottenne di più. Dopo averle ridato la sua copia le passò sul tavolo il foglio su cui aveva scarabocchiato tutta la sera: c’era un suo ritratto, non realista, ma incredibilmente somigliante. Con pochi tratti l’aveva raffigurata nella sua essenza, precisa, attenta ed imbarazzata, con quella sfumatura di rosso sulle guance che lui era stato in grado di cogliere. “Grazie mille, sei stata perfetta“. Le fece un’occhiolino, si alzò avviandosi verso l’uscita, non prima di aver stretto la mano ossuta del capo. Sul foglio, in un angolo in basso a destra, dopo la firma, c’era scritto “Io offro. 338 8066879“. [Fine]

CHEESECAKE SPECIALISSIMO DI CUCINAMO

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A cena da solo Pt.2

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Andare al ristorante da soli è da sfigati

STORIA IN 3 PIATTI E 3 PUNTATE: A CENA DA SOLO PT. 2

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[] Le mani cominciarono a muoversi veloci sul foglio, danzando con movimenti leggeri e decisi; alzava gli occhi solo pochi secondi, captava qualcosa, poi ritornava al suo blocco e alla sua matita. Questa attività incuriosì ancora di più Eva, la cameriera, che nel frattempo, tra un cliente e l’altro, non l’aveva perso di vista un secondo, quasi ipnotizzata da quella figura insolita. Quando si avvicinò per portare via il piatto non poté fare a meno di sbirciare sul foglio e notare come in pochi minuti quell’uomo aveva ritratto i signori del tavolo di fronte in maniera magistrale.

Ti piace?

Eva si scosse, imbarazzata, come se fosse stata sorpresa a rubare limoni nel giardino del vicino “Ehm…sì, sì, molto”. Diventò rossa e corse via. Immediatamente arrivò il lungo capo sala “Desidera altro?” – “Sbaglio o avevo incrociato una tartare di tonno sul menù?” – “Ma certo. Arriva subito”. Sorrise, ed immediatamente la mano tornò sul foglio a fermare su carta quella figura oblunga e dinoccolata dall’apparenza così fragile ma che dirigeva magistralmente la sala di quel ristorante sul mare. Gli ricordava il proprietario di un locale dove andavano sempre lui e la sua ex moglie in vacanza a San Teodoro…la matita si fermò. Bei tempi quelli, in cui erano appena sposati e felici, con tanta voglia di girare, divertirsi, scoprire il mondo e fare milioni di cose insieme. Insieme…

Prego”. L’onda dei ricordi venne spezzata dal tonno e dalle mani della cameriera che appoggiavano il piatto a tavola. “Come ti chiami?” – “Eva…” rispose timidamente. “Grazie Eva, questo piatto ha un aspetto fantastico. E guarda la combinazione di colori. Io la trovo perfetta, non credi?” – “Beh, sì, in effetti è un gran bel piatto.” Diventò rossa nuovamente mentre cercava di dileguarsi un micro-passo all’indietro dopo l’latro.

E’ da tanto che lavori qui?

Beh, ormai sono sette anni.

Accidenti, hai cominciato giovanissima?

Veramente non sono così giovane come pensi.” L’imbarazzo le stava facendo attorcigliare le budella; ok, era un bell’uomo, un tipo interessante e con un fare misterioso, ma era pur sempre un cliente. E con i clienti bisogna essere gentili, carine ma mai superare il limite della cortesia del servizio. Così le avevano insegnato, così si comportava da anni.

Ovviamente non ti chiederò gli anni, dicono che sia scortese domandare ad una donna la sua età. Però sappi che te li porti davvero bene”. Strizzò l’occhio e prese la forchetta.

Eva raggiunse toni di fucsia acceso nel volto ed una vampata di calore l’attraversò da capo a piedi. Accennò un sorriso e si rimise in marcia. Carlo sorrise da solo, iniziò a mangiare e voltò pagina del suo quaderno. Era davvero tempo di voltare pagina…[continua]

Tartare di tonno, avocado, ginger e limone di cucinamo

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A cena da solo Pt. 1

tegamiescarpette

Andare al ristorante da soli è da sfigati

STORIA IN 3 PIATTI E 3 PUNTATE: A CENA DA SOLO PT. 1

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Buonasera“.

Buonasera. Si può ancora cenare?” – “Ma certo, quanti siete?” Carlo si guardò velocemente ai lati e dietro, come ad accertarsi di non essere stato seguito da qualcuno che malauguratamente si voleva unire a cena con lui; fece un sorriso al capo sala che gli era così premurosamente venuto incontro e risposte “Credo di essere solo“. “Ah, non si preoccupi, la sistemo in quel tavolo vicino alla finestra, così può guardare il mare“. -Guarda caro che io non sono affatto preoccupato…comunque – pensò senza proferire parola mentre seguiva quell’uomo alto e dinoccolato. “Prego” – “Gentilissimo“. – Questa cosa che per andare al ristorante bisogna essere come minimo in due è insopportabile. Eppure di questi tempi ci dovrebbero essere abituati, no? – Arrivò quasi immediatamente una giovane ragazza, con lunghi capelli biondi tirati su da una coda di cavallo di chiara rivisitazione anni 90, a rimuovere con solerzia il coperto in più; dopotutto stava occupando un tavolo da due “Non aspetta nessuno, vero?” – “No, sono uscito con me stesso stasera, grazie“. La ragazza lo scrutò con fare sospetto, mentre liberava il posto. “Gradisce dell’acqua?” – “Direi di no. Un bicchiere di Pinot Grigio, per favore.” Annuì, guardandolo ancora di traverso, come se qualcosa non le tornasse. Uomo discreto, sulla quarantina, vestito in maniera casual ma con dello stile, sacca morbida in spalla, cena da solo, dieci e mezzo di sera, bicchiere di bianco, niente acqua…doveva esserci qualcosa di oscuro sotto. Soprattutto perché non aveva ancora tirato fuori il cellulare dalla tasca, ma se ne stava lì seduto a scrutare un po’ la sala, un po’ il paesaggio scuro fuori dalla grande vetrata, senza nemmeno dare uno sguardo alla lista. La ragazza tornò con il calice, seguita a pochi passi dal pennellone che lo aveva ricevuto all’ingresso: “E’ pronto per ordinare?” – “Guardi, non ho nemmeno aperto il menù. Ho una gran voglia di spaghetti ai frutti di mare. Mi dica che si possono avere?” – “Ma certo“. Formalità, accondiscendenza, gentilezza, il tutto su una figura simile a quella di Pippo, glielo stavano rendendo quasi simpatico. Questa era una delle cose che gli piaceva di più fare quando andava a cena da solo, cosa che capitava quasi tutte le settimane: guardare, osservare il prossimo, sia gli altri presenti che quelli che lavoravano. Il ristorante è un ottimo palcoscenico dove poter osservare l’umanità che si relaziona a tavola. E questi spettacoli li puoi godere a pieno solo quando esci a cena da solo. Carlo rovistò nella sacca e tirò fuori un piccolo blocco ricoperto di pelle nera ed un astuccio di tessuto a righe gialle e nere. Dall’altra parte della sala la cameriera lo guardava con occhi sempre più sospetti. [continua]

SPAGHETTI AI FRUTTI DI MARE DI CUCINAMO

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