Pisciami i jeans, che li esco!!!

A volte pensiamo di non poter andare più in basso, di aver toccato il fondo con le creazioni di alcuni designer che andrebbero spediti direttamente in galera (senza passare dal via a ritirare i 20€)! E invece la vita ci insegna che al peggio, ahimè, non c’è limite! Come nel caso di questi incredibili jeans PISCIATI (non sto scherzando).

Il prodotto é un jeans che presenta all’altezza del cavallo delle simpatiche macchie “tono su tono” che ricordano quel simpatico momento in cui non trovi un bagno nelle vicinanze e decidi di pisciarti addosso. In due versioni, macchie chiare e macchie scure, si può acquistare alla modica cifra di 500/600€ (il centino di differenza dipende da quanto lo vuoi macchiato, ovviamente). A mettere in commercio questo pezzo dal design avanguardistico il brand Jordanluca. Mai sentito, vero? Manco io, ma mi sono documentata…😜

“Jordanluca è un marchio italo-britannico di abbigliamento maschile guidato dagli stilisti Jordan Bowen e Luca Marchetto: il primo un inglese con esperienze nella moda new romantic (che evidentemente trova il romanticismo ovunque, anche in una pisciata), il secondo un italiano che ha lavorato con Vivienne Westwood, la regina della moda punk (che al momento, pace all’anima sua, si starà rivoltando nella tomba).”

La combo italia-Inghilterra, che si fonde nelle collezioni del brand, tra sartorialitá e ribellione, é stata spesso apprezzata per questi suoi contrasti, dove “si respira l’attimo di paura e delirio della fuga, l’istante”. A me la paura é venuta quando ho visto i jeans, la fuga quando ho visto il prezzo…il tutto, effettivamente, é accaduto in un istante. Sarcasmo personale a parte, il prodotto in questione ha diviso il mondo della moda (e non solo), in due: chi osanna il genio ed il coraggio (effettivamente per fare certe cagate un po’ di coraggio ci vuole 😬), chi punta il dito contro la volgarità!

Ma qui ci sono più di macchie di pipì (e di una semplice provocazione): c’è il racconto del disagio e dell’urgenza, con un chiaro rimando all’uscire fuori dalla zona di comfort…oppure a starci senza problemi e con un certo stile, pronti ad essere allontanati se vi presentate in giro in luoghi pubblici con questi pantaloni addosso. 😳

Geni o folli? Sicuramente del business ci hanno capito più di me, visto che i jeans in questione, nonostante le critiche, pare stiano spopolando (sopratutto tra i modaioli che non si vogliono far scappare nessuna novità spacciata per super-stilosa…non sia mai arrivassero in ritardo). Hanno creato un nuovo fenomeno. Hanno fatto parlare di loro, portando il loro nome fuori dai circuiti dei loro clienti abituali. Impatto virale (bene o male, l’importante é che se ne parli), venduto tutto nel giro di poco. Obiettivo raggiunto. Quindi tutto bene, no?!?

A me, le domande, sorgono sempre spontanee: nel 2024, c’è ancora bisogno di fare prodotti di dubbio gusto per vendere e creare fenomeni artificiali basati sul nulla? Il business per il business giustifica tutto? Con tutto lo spreco di acqua che costa produrre il denim e con la quantità di rifiuti in giro per il mondo, avevamo bisogno dei jeans pisciati?!? Si apra il dibattito…😉

In tutti i modi, in caso di pipi improvvise e macchie sui vestiti, non ci sarà più bisogno di correre a casa a cambiarsi: o pisciata é stata sdoganata! Sarà il caso di ringraziarli???

Single ai tempi del Corona

Se già essere single dopo “una certa” è motivo di sguardi sospetti e di battute poco felici, ma comunque c’era una speranza, esserlo durante questa geniale pandemia è un maledettissimo disastro dal quale manco Tinder è in grado di salvarci!!! Tutte le misure preventive sono un passo indietro al possibile incontro con un altro essere umano. Ci avete mai riflettuto? Io si…


Il distanziamento sociale – Un ossimoro, un controsenso fatto legge: nel distanziamento, di sociale non c’è una mazza! La distanza allontana ciò che la socialità avvicina. Quindi di fatto il distanziamento imposto prevede che la socialità sia ridotta al minimo sindacale di rapporti strettamente necessari (che poi le necessità siano diverse da persona a persona quello non ne tiene conto nessuno). Meglio se con persone conosciute e delle quali si conoscono abitudini e movimenti, perché “gli sconosciuti” non si sa che giri fanno e chissà dove possono essere stati e a contatto con chi…La diffidenza e la distanza si infilano in una socialità ridotta all’osso, dove tra mascherine e maschere avere un contatto umano è una probabilità che di questi periodi non si augura a nessuno! Ecco. Noi single a ciucciarci le dita in un angolo di un bar, uno dei pochi aperti fino alle dieci di sera ma poco frequentati perché di uscire con il cerotto in bocca non ne ha voglia nessuno e quindi tutti chiusi nelle proprie fortezze domestiche. Single ai quali sono state tolte le occasioni di incontro. Single che quando si incontrano non si avvicinano, perché se prima il virus si contraeva mescolando i fluidi, ora basta far avvicinare i respiri…l’ansia sale, la paura allontana e vissero tutti single ma almeno sani!!!


Discoteche e locali chiusi – La famosa movida che genera assembramenti è la stessa che favorisce relazioni, interazioni e comunicazioni tra umani. Non si può andare più a sbattere per caso in quello che ti piaceva e stava ballando all’altro lato della pista. Non si può più importunare il dj e nemmeno il barman bono. Si può flirtare a distanza con il cameriere del ristorante però, con moderazione, che comunque anche lui lavora in un locale pubblico e chissà quanta gente vede…Ad aggravare la situazione ci sono i commenti di quelli “sistemati“, di quelli “casa-lavoro-famiglia” che dal caldo del loro nido perfetto sindacano “Ma a 40 anni ancora vuoi andare a ballare? Ancora hai voglia di uscire e passare il tempo nei bar?“. Mo’ mi dovete fare pure sentire in colpa se ho scelto di vivere in un altro modo e se questa situazione che alla tua routine non provoca nessun grande scossone a me invece limita o comunque mi priva di una parte della mia vita? E comunque si. Esistono persone a cui piace ancora uscire, single e non: c’è mai stato un limite d’età per il divertimento e la socialità? Per come la vedo io, no…

Viaggi limitati – Anche il viaggio era una bella occasione per noi single. Un incontro sul treno, il vicino di posto in aereo con il quale conversare, un passeggero con cui lamentarsi per l’ennesimo ritardo che poi si trasformava in una pomiciata storica nei bagni del Frecciabianca…Ora il vicino più vicino è ad una carrozza di distanza, negli aerei c’è una persona ogni quarto d’ora e manco ti fanno alzare nel corridoio (devi pure chiedere per andare al bagno) e quando c’è un ritardo o un problema siamo tutti uniti ma a distanza, ognuno bofonchiando cose incomprensibili dietro la mascherina…


La mascherina – La mascherina…io ho dei seri problemi di accettazione di questo oggetto. Tappa la bocca, leva il fiato, copre il sorriso, limita l’espressione, impedisce la visione, complica la comunicazione (sarà che ho un principio di abbassamento d’udito ma io non sento una sega quando la gente mi parla da dietro la mascherina). È un simpatico ostacolo conoscitivo! “Eh, vabbè, puoi sempre puntare sul gioco di sguardi!” Certo, perché gli occhi sono comunque lo specchio dell’anima e se quello che c’è sotto la maschera è una bocca con i denti distrutti, che te frega…se l’anima è buona…l’anima, l’anima de li mortacci vostri e di ‘ste mascherine copri tutto!!!

È difficile incontrarsi, è diventato difficile riconoscersi, è un casino avvicinarsi, manco fossimo gatti diffidenti che proteggono il proprio territorio con le unghie e con i dispositivi sanitari consigliati dall’OMS. “Eh, vabbè, c’è sempre Tinder.” Si, c’è, ma sta iniziando a vacillare; per un paio di mesi abbiamo potuto solo parlare a distanza, millantando incontri che non si sa bene quando sarebbero potuti avvenire e dovendo ricorrere, comunque, a del gran fai-da-te per il quale non c’era bisogno di applicazioni extra. Adesso su Tinder c’è chi, per mostrare la sua diligenza e responsabilità, mette le foto mascherate…ma io dico, già prima con le foto stavamo messi di merda, adesso siamo messi male e manco si vede niente! Insomma, quando si pensa che al peggio non c’è mai fine, ecco che Lui, il Peggio, arriva con le mascherine chirurgiche, che quelle di stoffa non servono a un cazzo (mah)!


Stanca e rassegnata, sorseggiando un caffè al tavolino isolato di un bar, mi guardo intorno e a circa 10 metri di distanza, vedo lui con lo stesso sguardo sperso; un sorriso di complice circostanza, un cenno della testa…si alza in piedi, prende il suo succo di pompelmo rosa, si mette la mascherina, si avvicina e fa per salutarmi con il gomito…IL GOMITO. Guardo il gomito e ripenso ad un vecchio film trash italiano dove lui, fissato della pulizia e con la fobia per batteri ed infezioni, per fare l’amore con lei si mette buste di plastica ovunque, compresi i guanti. E niente, il gomito non ce la faccio. Se ne riparlerà quando (o dove) potremmo avere di nuovo contatti senza paranoie…

Aiutiamo le famiglie vai, che i single stanno bene anche un altro paio di anni di soli…O_o

5 lezioni in 4 mesi: cosa mi porto via da questa strana stagione

Quest’anno è stato un po’ tutto strano, inutile negarlo. Io non vedo nessuna nuova normalità, ma solo un gran caos, nel bene e nel male. A voler essere una simpatica ottimista potrei dire che “nessun cambiamento viene per nuocere”, ma poi vorrei aggiungere che a volte passare per i cambiamenti è una gran fatica e anche una rottura di coglioni. Sorvolando sulla filosofia esistenziale e passando alla pratica, la mia stagione si è già conclusa. I mesi sono stati pochi rispetto al mio solito e questo non mi è piaciuto per niente. I mesi sono stati molto intensi ed io, come sempre, ho preso importanti appunti, ho imparato lezioni che ho già iniziato a mettere in pratica.

Il segreto della giovinezza

Non c’e bisogno di creme e filler se sei capace di non far entrare stress e ansia nella tua vita. E se non smetti di ballare! Quando ci metti vicino un’alimentazione corretta e terapeutica puoi salutare l’industria cosmetica 👋🏻 Non scuotete la testa, io ho avuto le prove viventi in casa e vicine di casa per un mese. E sono incredibili 😎 In ogni caso che lo stress uccide e fa invecchiare prima lo sappiamo già. Ora bisogna solo metterlo in pratica…

Riproduzione casuale (ferma il loop)

Quando le situazioni si ripresentano ciclicamente come un copia/incolla c’è un solo modo per uscirne: premere stop e mettere su un altro disco! Prenderne atto, capire i motivi, imparare la lezione e agire esattamente nella maniera opposta a come si è sempre fatto. Solo così si può uscire dal loop. 🤓 Bello ascoltare il pezzo preferito, bellissimo scoprire che c’è tanta bella musica in giro. Mi sono ritrovata a vivere circostanze molto simili ma quest’anno ho guardato la vita e le ho detto: “Signora mia, stai cercando di dirmi qualcosa?” – Lei ha aperto le braccia con un sorriso da saccente e anche un po’ scazzato e ha aggiunto “Secondo te zia?!? Dai e dai ci sei arrivata”. Ho sorriso “Dai oh, l’importante che ci sono arrivata. Lo sai che ho i miei tempi. Ora fai la brava, siediti qui e vediamo se ho capito bene”. Guardando il mare e con due birre davanti abbiamo parlato a lungo, con carta, penna e disegni esplicativi.

L’intenzione fa la convivenza

Convivere non è uno scherzo. Convivere non è necessario. Vale per le coppie, che se non vanno a vivere insieme non succede niente. Vale per le amiche, che devono scegliere consapevolmente di fare questa scelta. Vale ancora di più per le conoscenti, che se decidono di dividere la propria casa solo per becera necessità economica poi fanno scoppiare i casini. Questa stagione ho cambiato tre case. 😱Non sono la compagna di casa perfetta, ma nemmeno il diavolo della Tasmania. Sono più un gattone base rosa con tigratura arcobaleno: mi si vede, quando voglio mi si sente, ma di base mi faccio i cazzi miei. Nessuno mi aveva mai invitato ad andarmene via di casa (l’affitto lo pagavo regolarmente eh), eppure é successo. Ho passato settimane a farmi esami di coscienza e seghe mentali; poi sono giunta alla conclusione che la persona con cui vivevo non voleva convivere, né con me né con nessun altro. Aveva solo bisogno di dividere l’affitto. Ecco, se l’intenzione é questa, meglio farne a meno. Che far sentire scomodo il prossimo non é bello. In ogni caso chiedersi sempre “perché lo faccio” é un ottimo modo per avere le idee chiare per sé e per gli altri.

No more low profile

Questo é un nuovo motto. Figlio anche lui di situazioni che si ripetevano costantemente nella mia vita e alle quali é arrivato il momento di dire “Grazie, ora basta”! Un invito a percepire la differenza tra l’ostentazione arrogante e la consapevolezza delle proprie capacità. Mi sono mantenuta “sotto tono” per svariati anni, in nome di una educazione dove i successi passavano sempre come “la norma”, ovvero hai fatto il tuo dovere. E sono stata la prima io a non dargli valore, a scordarmeli dopo poco…errore! Riconoscere, ringraziare e darsi il giusto valore é cosa sana. Anche perché se non inizi a dartelo tu, non te lo darà nessuno. E poi sono anni di terapia o coaching per recuperare l’auto-stima…

Se ti ascolti non ti stressi

Confessione: a parte qualche market e qualche post, durante il mese di giugno non ho fatto assolutamente niente. Niente che non avessi realmente voglia di fare (ovvero mare, amici, leggere e poco altro). Mi sentivo stanca (in quarantena ho lavorato molto più del solito), svogliata, appesantita, saturata e con la testa confusa senza molte idee brillanti. In tempi normali avrei fatto di tutto per darmi una scossa e per “fare” comunque. Quest’anno mi sono concessa il lusso di assecondare il mio stato emozionale e fisico e di non forzarmi. Ed é un lusso per una iperattiva compulsiva che difficilmente riesce a prescindere dal fare; come é un lusso la vita che mi sono scelta. E infatti mi sono detta: “Ti sei presa il rischio di fare la libera professionista per poter gestire il tuo tempo e poi ti fracassi il cervello se per un paio di settimane non hai voglia di lavorare? Molla!”. E ho mollato. Mai decisone fu più saggia: se diventi schiava della tua libertà, schiava rimani! I benefici fisici e psicologici sono stati tanti. La creatività si é colorata e le idee tornate a raffica. Pure troppe. Ascoltarsi é un potente anti-stress. E no stress, no rughe.

E così, anche con questo articolo, abbiamo chiuso un cerchio…😉

Shopping online: facciamolo cosciente!

Un tempo c’era il negozio preferito, quello da cui andavi spesso, che conosceva i tuoi gusti, sapeva consigliarti in base alle tue scelte e faceva lui stesso acquisti in base ai suoi clienti affezionati. Questo funzionava fino agli anni 90/2000. Oggi, In questa dimensione liquida e ballerina, regna l’infedeltà e la voglia di trovare sempre la migliore occasione (perché ci può essere sempre un’occasione migliore, no?). Per cui quel negozio “di fiducia” non esiste più e troviamo clienti saltellare da un posto all’altro, a caccia di affari alla moda e non di qualità, bellezza o servizio che giustifichi l’uscita da casa. E cogliendo la palla al balzo della pigrizia e del telefono sempre a portata di mano, ecco arrivare gli e-commerce, simpatiche vetrine online dove poter comprare di tutto di più comodamente svaccati in pigiama sul divano.

E-commerce: il potere della comodità e dell’accesso facile

Quello del commercio online è un mercato sempre più in espansione. Abbiamo visto come durante i mesi di chiusura forzata chi aveva un’attività parallela in rete ha continuato a vendere come e in alcuni casi più che nel negozio fisico. (Dei miliardi fatti da Amazon e del perché io sopravvivo anche senza ne parlo tra poco). Indubbiamente una vetrina nel web è un’esposizione importante per qualsiasi marchio, dal più piccolo ed indipendente, fino a quello di lusso. Ampliare il bacino di potenziali clienti e raggiungere anche chi non può essere presente fisicamente è cosa buona e giusta, se fatta sempre in maniera cosciente, etica e pensata. L’online aiuta anche chi offline non ha uno spazio fisico, pur presentando qualche limitazione legata alle sensazioni: online possiamo solo vedere e sentire (motivo per cui foto, video e musica sono gli aspetti sensoriali che andrebbero curati al massimo su un e-commerce); ma tatto, olfatto e interazione sociale mancano totalmente. Eppure questo non sembra limitare, nemmeno nell’ambito fashion. Anzi, i negozi online si stanno attrezzando sempre di più con servizi che vanno incontro alle esigenze e dubbi dei clienti: schede misure dettagliate, foto e video degli articoli indossati, possibilità di reso in caso il capo non vada bene o non sia come ci si aspettava. Quest’ultima offerta ha generato un fenomeno del “compra-prova-restituisci” che non è precisamente a impatto zero…

Dal sito slow fashion next

L’impatto ambientale della moda non si limita solo al momento della produzione o a quello del suo fine vita. Imballaggi e spedizioni sono un altro punto cruciale per quanto riguarda le emissioni di CO2 derivate dai trasporti. La faccio facile. Sono indecisa tra due capi visti in un sito americano; li prendo tutti e due per provare. Un singolo pacchetto viene imballato e spedito (spesso usando quintali di carta, plastica, scotch, cartone e fiocchetti inutili); fa un lungo viaggio fino a casa mia (aereo, camion, corriere in motorino?) li provo, decido di tenerne uno e l’altro lo restituisco (corriere, camion, aereo). Questa catena di trasporti avanti e indietro rilascia gas in giro. Moltiplichiamo questa nuova abitudine per tutti i miliardi fatti solo da Jeff Besoz fatti durante due mesi di quarantena e abbiamo sufficiente anidride carbonica per giustificare cambiamenti climatici e fenomeni atmosferici fiori dal comune. Se poi ci mettiamo tutti gli altri retailer online, grandi e piccoli, abbiamo un piccolo quadretto che ci illumina su come anche il commercio online poco cosciente non sia una grandissima idea.

From slow fashion next profile

Un tempo c’era il negozio preferito, quello da cui andavi spesso, che conosceva i tuoi gusti, sapeva consigliarti in base alle tue scelte e faceva lui stesso acquisti in base ai suoi clienti affezionati. Questo funzionava fino agli anni 90/2000. Oggi, In questa dimensione liquida e ballerina, regna l’infedeltà e la voglia di trovare sempre la migliore occasione (perché ci può essere sempre un’occasione migliore, no?). Per cui quel negozio “di fiducia” non esiste più e troviamo clienti saltellare da un posto all’altro, a caccia di affari alla moda e non di qualità, bellezza o servizio che giustifichi l’uscita da casa. E cogliendo la palla al balzo della pigrizia e del telefono sempre a portata di mano, ecco arrivare gli e-commerce, simpatiche vetrine online dove poter comprare di tutto di più comodamente svaccati in pigiama sul divano.

E-commerce: il potere della comodità e dell’accesso facile

Quello del commercio online è un mercato sempre più in espansione. Abbiamo visto come durante i mesi di chiusura forzata chi aveva un’attività parallela in rete ha continuato a vendere come e in alcuni casi più che nel negozio fisico. (Dei miliardi fatti da Amazon e del perché io sopravvivo anche senza ne parlo tra poco). Indubbiamente una vetrina nel web è un’esposizione importante per qualsiasi marchio, dal più piccolo ed indipendente, fino a quello di lusso. Ampliare il bacino di potenziali clienti e raggiungere anche chi non può essere presente fisicamente è cosa buona e giusta, se fatta sempre in maniera cosciente, etica e pensata. L’online aiuta anche chi offline non ha uno spazio fisico, pur presentando qualche limitazione legata alle sensazioni: online possiamo solo vedere e sentire (motivo per cui foto, video e musica sono gli aspetti sensoriali che andrebbero curati al massimo su un e-commerce); ma tatto, olfatto e interazione sociale mancano totalmente. Eppure questo non sembra limitare, nemmeno nell’ambito fashion. Anzi, i negozi online si stanno attrezzando sempre di più con servizi che vanno incontro alle esigenze e dubbi dei clienti: schede misure dettagliate, foto e video degli articoli indossati, possibilità di reso in caso il capo non vada bene o non sia come ci si aspettava. Quest’ultima offerta ha generato un fenomeno del “compra-prova-restituisci” che non è precisamente a impatto zero…

L’impatto ambientale della moda non si limita solo al momento della produzione o a quello del suo fine vita. Imballaggi e spedizioni sono un altro punto cruciale per quanto riguarda le emissioni di CO2 derivate dai trasporti. La faccio facile. Sono indecisa tra due capi visti in un sito americano; li prendo tutti e due per provare. Un singolo pacchetto viene imballato e spedito (spesso usando quintali di carta, plastica, scotch, cartone e fiocchetti inutili); fa un lungo viaggio fino a casa mia (aereo, camion, corriere in motorino?) li provo, decido di tenerne uno e l’altro lo restituisco (corriere, camion, aereo). Questa catena di trasporti avanti e indietro rilascia gas in giro. Moltiplichiamo questa nuova abitudine per tutti i miliardi fatti solo da Jeff Besoz fatti durante due mesi di quarantena e abbiamo sufficiente anidride carbonica per giustificare cambiamenti climatici e fenomeni atmosferici fiori dal comune. Se poi ci mettiamo tutti gli altri retailer online, grandi e piccoli, abbiamo un piccolo quadretto che ci illumina su come anche il commercio online poco cosciente non sia una grandissima idea.

Online si, ma con la testa! (Possiamo fare a meno di Amazon)

Osservando le nostre modalità di acquisto possiamo capire in che modo agiamo e fare scelte più consapevoli. A chi dare i nostri soldi e quindi il nostro supporto. Dopo aver letto un libro del quale credo di avervi parlato (Schiavi di un dio minore) e dopo aver osservato la politica del colosso dell’e-commerce più potente della rete (oltre che il continuo accumulo di miliardi del suo fondatore, che reputo una persona pericolosa…questi dominano il mondo) ho deciso di non comprare più su Amazon, tranne in casi di estrema necessità (che si riducono ad una volta all’anno e solo per libri auto pubblicati su quella piattaforma). In generale ho deciso di non appoggiare chiunque stia tentando (e riuscendo) a monopolizzare il mercato.

-Online si, dai brand indipendenti e piccoli marchi. Anche piccoli negozi che fanno selezioni interessanti e che promuovono nuove realtà.

-Online si, ma basta fare ordini di mille cose per poi renderle. Tutto questo vai e vieni non ci fa bene.

-Online si, preferendo venditori che non impacchettano le cose fino alla morte che anche tutti quegli imballi ed incarti per fare bella figura cinque minuti poi diventano comunque spazzatura.

Osservando le nostre modalità di acquisto possiamo capire in che modo agiamo e fare scelte più consapevoli. A chi dare i nostri soldi e quindi il nostro supporto. Dopo aver letto un libro del quale credo di avervi parlato (Schiavi di un dio minore) e dopo aver osservato la politica del colosso dell’e-commerce più potente della rete (oltre che il continuo accumulo di miliardi del suo fondatore, che reputo una persona pericolosa…questi dominano il mondo) ho deciso di non comprare più su Amazon, tranne in casi di estrema necessità (che si riducono ad una volta all’anno e solo per libri auto pubblicati su quella piattaforma). In generale ho deciso di non appoggiare chiunque stia tentando (e riuscendo) a monopolizzare il mercato.

-Online si, dai brand indipendenti e piccoli marchi. Anche piccoli negozi che fanno selezioni interessanti e che promuovono nuove realtà.

-Online si, ma basta fare ordini di mille cose per poi renderle. Tutto questo vai e vieni non ci fa bene.

-Online si, preferendo venditori che non impacchettano le cose fino alla morte che anche tutti quegli imballi ed incarti per fare bella figura cinque minuti poi diventano comunque spazzatura.

Negozio Ibieco, Ibiza

In generale, preferisco l’offline. Ma di come stanno e devono cambiare i negozi fisici ve ne parlo la prossima volta. Adesso tocca a voi: comprate più volentieri online o offline? E dove? Vi aspetto nei commenti 😉

Buccia di Banana/Giorno dei single?

Quando qualche giorno fa mi è capitata davanti una pubblicità di un centro estetico che sponsorizzava una imperdibile offerta per tutti i single in onore della loro “giornata” sono rimasta perplessa. Primo perché l’offerta riguardava uno sconto sull’epilazione definitiva, come dire “spennati che forse acchiappi di più“. E poi perché: giornata dei single? Ma davvero?!?

Davvero! Esiste dal 1993 ed è una trovata dei nostri amici con gli occhi a mandorla, precisamente un gruppo di studenti dell’Università di Nanchino (si, per una volta gli americani non c’entrano)! Il giorno dei single, noto anche come Singles’ Day (e qui intoniamo Beyoncé tutti insieme a squarcia gola) arriva dalla Cina con il nome di  Guanggun Jie, ed è una festa, molto popolare tra i giovani cinesi, istituita per celebrare l’orgoglio di essere single. 😳 E vabbè! La data, 11 novembre (11/11), non è stata scelta a caso, ma perché il numero “1” identifica l’individuo solitario. Peccato che 4 “uni” solitari fanno già un party…Non si capisce poi per quale strano motivo, in Cina questo giorno è diventato quello scelto da moltissime coppie per sposarsi: della serie, voi single e noi coppia! Tiè!

In realtà, come quasi tutte le “giornate” e feste profane (ma anche sacre), la festa è diventata anche una scusa per fare marketing ed incitare allo shopping, sia online che offline. Sul sito di Alibaba si contano introiti per circa 25,4 miliardi di dollari statunitensi e quasi naturalmente anche tutti gli altri Paese si stanno adeguando con offerte incredibili per tutti gli amici single. E io mi domando: c’hai un bollino in fronte? C’è scritto sulla carta d’identità? O in onore della giornata dei single gli sconti lì facciamo a tutti? (Un po’ come quando a San Valentino ci compriamo i Baci Perugina per non sentirsi tagliati fuori?)

In tutto ciò cascano a puntino le dichiarazioni di Emma Watson che, ancora scoppiata all’età di 30 anni e sentendo intorno a sé una certa pressione (Cara Emma, aspetta di arrivare a 40 quando la gente ti comincia a guardare come una povera derelitta) ha coniato la sua personale definizione della storia: non sono single, sono self parented! «Ci è voluto molto tempo, ma ora sono felice di essere single. Questo stato lo chiamo “self parented”» Ovvero felicemente relazionata con me stessa…che messa così nella nostra lingua mi fa ancora più sfigato di quella che si è sposata con se stessa! 😳 O come mai non ce la facciamo a stare come stiamo senza bisogno di un’etichetta per forza?!?

Forse c’è ancora bisogno di spezzare mentalmente l’equazione che single=infelice. Che forse c’è chi lo sceglie. Che forse è una situazione temporanea o semplicemente desiderata. E sicuramente che non è una malattia (anche perché al momento avrebbe colpito il 55% della popolazione e sarebbe quasi un’epidemia)! 😜 Insomma, la giornata dei single è una trovata commerciale. Emma ha fatto una bella operazione di marketing. Ma se è una scusa per parlare di libertà allora ce la facciamo andar bene vai…ma se mi fate gli auguri mordo! 😘 Buon lunedì

Vintage Revolution: ho fatto un tuffo nell’armadio della nonna. Ecco come ne sono uscita!

di FEDERICA PIZZATO

A volte capita che per lavoro venga chiamata ad entrare in casa di anziane signore piene di tesori vintage. Per la maggior parte dei capi c’è una destinazione precisa che diamo insieme ai proprietari in modo da ridurre al minimo la quantità di rifiuti e poi c’è quella piccola piccolissima parte di oggetti della quale mi innamoro e che, se i proprietari sono d’accordo, faccio miei col cuore.

In questa casa della nonna ho lasciato il cuore in diversi momenti (non solo per gli abiti) ma a voi voglio fare vedere i capi che secondo me potranno diventare dei must dell’autunno inverno. Qualcosa manterrà la sua funzione originaria, qualcos’altro la muterà, tra poco capirete perché…

La vestaglia leggera diventa abito

Ho visto questa vestaglia rosa antico con le rouches e di una qualità pazzesca ed ho pensato immediatamente che con gli accessori giusti potesse diventare un abito perfetto per l’autunno inverno. (Una precisazione è doverosa: qui sono scalza perché in Salento ci sono ancora 30 gradi e non riuscivo proprio ad inscenare l’autunno!) Immaginatevela con una cinturina in pelle un bel paio di calze coprenti e uno zoccolo color melanzana ad esempio, oppure per la sera con accessori neri e dettagli luccicanti!

La vestaglia pesante diventa cappottino

Una fantasia allegra per smorzare le grigie giornate invernali, il giusto peso per i primi freddi, la lunghezza di un cappotto… Ho pensato subito all’autunno inoltrato con i camini che fumano e le castagne che scoppiettano quando si ha voglia di una morbida coccola e non si vuole rinunciare ad essere super fighe ed ecco che la seconda vestaglia estratta dall’armadio si è subito rivelata ai miei occhi come un bel cappottino fiorato da indossare sopra un jeans per sentirsi iper grintose o sopra un abito blu per diventare subito più sofisticate.

Il cardigan

Uno di quei capi iper confortevoli ma belli belli in cui mi avvolgo quando voglio sentirmi abbracciata. Mi immagino già davanti una bella tazza di tè fumante a guardare la pioggia dalla finestra con indosso il mio bel cardigan a fondo bordeaux con questa raffinata fantasia in nero ed i bottoni dorati. Un bel capo resistente ma morbidissimo: di lana vergine, quella vera!
Pare proprio il golf della nonna? Immaginate di portarlo sopra un abito nero oppure aperto con un paio di jeans skinny…

Questo sarà il mio autunno: colorato, morbido, resistente e sostenibile. Auguro con tutto il cuore anche a voi di poter dare queste caratteristiche alla stagione che è appena cominciata. Se vi va vi aspetto sul mio profilo Instagram per raccontarmi come la interpreterete!

Buccia di Banana/Campagne Fashion: why? #19

Quando la bella stagione arriva (QUANDO ARRIVA?!?) le riviste femminili appaiono come le creme solari sotto all’ombrellone per darci tutte  le dritte sulla stagione in arrivo e la giusta quantità di gossip e leggerezza. Tra una crema miracolosa e il pezzo immancabile su come conquistarlo in 3 minuti stando comodamente sdraiate in spiaggia ci sono sempre loro, le fantastiche campagne di moda. Quelle che fanno sognare, quelle belle e quelle che lasciano con un punto interrogativo in testa. Io oggi vi segnalo queste…;)

Brand: Stuart Weitzman / Campagna: Affondi comodi

Stuart ci ricorda che mantenersi in forma è una buona regola e che non dobbiamo perdere le buone abitudini anche d’estate. Anche con i tacchi. E vai giù di affondi frontali come se non ci fosse un domani…O_o (ma perché queste poste scomode? Perchéééé?)

Brand: FABerge’ / Campagna: nel dubbio prendi la rossa

In quelle serate confusionarie, quelle in cui hai voglia di fare casino e di spegnere il cervello, non indugiare su quale pillola prendere: la rossa è sempre quella giusta! 😛 Sembra voler dire questo, in realtà questo braccio slim e photoshoppato (ma è mai possibile che si piallino digitalmente anche le braccia?!?) tiene tra le dita un anello…ma direi che lo scatto non è venuto un gran che bene…

Brand: cavallI / Campagna: come animali in gabbia

Come animali in gabbia, inquieti e con lo sguardo tra lo spaventato e l’arrabbiato, i ragazzi Cavalli girano in cerchio con i loro animalier addosso e rigorosi calzini bianchi ricordandoci che rimanere chiusi in bagno non è simpatico. Nemmeno se in tre!!!

Brand: coach / Campagna: zingarate boho chic

I luna park fanno sempre tanto estate e quelli smontati e dismessi sono ottimi scenari per servizi fotografici. Sopratutto quando lo stile ricorda quello un po’ gitano, ribattezzato dalla moda “boho chic“, ma sempre con quel tocco di “cenci appesi“. Importante, anche in questo caso, lo sguardo incazzoso da “cosa vuoi? Questo è il nostro territorio“. Dall’infelicità delle campagne fashion non ne usciremo mai…

Brand: ferragamo / Campagna: matrimoni combinati

I matrimoni sono una piaga della bella stagione tanto quanto le zanzare. Si sprecano un sacco di tempo e risorse per sincerarsi di avere un look adeguato e che non passi inosservato, ma nemmeno troppo estroso. Ferragamo consiglia il classico combinato…con le amiche. Vestirsi con il coordinato di gruppo è il nuovo must. Consigliato per gruppetti di amiche single, si può rivedere anche con le coppie, chiamando in gioco i propri compagni. 😉

Brand: GUCCI / Campagna: LIFE IS A SHOW

Il messaggio positivo ce lo invia Gucci, con questa campagna che somiglia più ad uno show in piena regola dove l’invito è quello a divertirsi, ad interpretare il nostro personaggio, a giocare con i ruoli e anche con lustrini e piume senza paura. Che in fondo la vita è uno spettacolo 😛

Buon lunedì! (Comunque faccio la sportiva con le campagne degli altri, ma tra una settimana dovrò fare la mia…poi sarete voi a commentarla 😛)

Buccia di Banana/No TowelKini, No Mare!

Oggi ritorniamo a scivolare in grande stile. Talmente grande è lo stile di questo oggetto che, come al solito, sto ancora meditando se è una figata pazzesca o se è l’ennesimo capo/accessorio di cui potevamo fare a meno. Sì, perché si tratta di un capo che si indossa e che diventa anche un accessorio. Inutile dire che sfoggiarlo in spiaggia attirerà l’attenzione su di voi.  Avete mai sentito parlare del TowelKini? 😉

TowelKini, ovvero telo da spiaggia e bikini…tutto in uno!!! L’idea nasce dalla designer Aria McManus, la quale ha pensato bene di riunire in un unico pezzo le due cose fondamentali per la spiaggia, la piscina o le gite in campagna dove hai necessità di scoprirti e stenderti al sole: un comodo telo ed una sorta di…bikini! L’idea in realtà è dettata da quell’esigenza di praticità di avere sempre qualcosa su cui sdraiarsi all’esigenza e nello stesso tempo potersi alzare in piedi e…rimanere vestiti. Più o meno 😛

Da sdraiati è possibile metterlo all’indietro quando siamo stesi faccia in giù nella sabbia e poi passarlo comodamente sotto alla testa una volta girati a pancia in sù. Ideale per chi non ama molto l’abbronzatura, per chi invece ricerca una bella tintarella, diciamo che lascia il segno…E lo lascia anche una volta in piedi. Non c’è che dire, l’outfit è originale e anche bello da vedere, a metà tra un kimono, un accappatoio ed una tutina super sexy dal vago sapore anni 70. Il problema (o la visione paradisiaca) si pone una volta alzate per chi ci guarda da dietro: il lato B rimane completamente scoperto. Per cui è chiaro che non può essere la reale alternativa al costume (almeno un pezzo di sotto ce lo vogliamo mettere?), ma forse il mercato di riferimento ideale potrebbe essere quello dei nudisti, che almeno per andare al bar avrebbero il look ideale per non rivestirsi completamente! 😀 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In spiaggia con un costume sotto può ancora avere un senso, eppure questo accessorio geniale mi lascia dei dubbi: forse sarebbe stato possibile escogitare un sistema facilmente rimovibile per pararsi anche le chiappe mentre ci si alza per andare a prendere un caffè al bar? Oppure questa cosa di doversi portare l’asciugamano appresso ovunque (perché ti ci sei infilato dentro) è una cagata pazzesca?!? 😛

Lascio a voi l’ardua sentenza. Nel frattempo se ve lo volete accaparrare per essere i più innovativi della stagione sappiate che  questi due colori super estivi sono un’edizione limitata disponibile qui al prezzo di 199 dollari (pensavo meno)! Buon lunedì!

 

 

Persi in una vasca di paranoie (maschili)

Se noi donne siamo le regine degli arrotolamenti mentali con particolare predisposizione all’ingarbugliare le situazioni anche quando non ce ne sarebbe bisogno, gli uomini sono i principi delle paranoie assortite, spesso immotivate ma consistenti. Diciamo che in generale la paranoia è parente stretta dell’essere umano e dei quintali di seghe mentali che si fa giornalmente sotto la spinta di condizionamenti sociali che arrivano da ogni angolo del Pianeta, ma mentre le paranoie femminili sono manifeste e quasi ci si aspettano, quelle maschili sono sibilate a denti stretti solo alle orecchie delle amiche fidate e in giro non se ne parla spesso. La figura dell’uomo imparanoiato non è né sexy né virile, insomma, non sta bene agli occhi del pubblico, ma esiste ed è reale. La paranoia è una distorsione di eventi, di situazioni, di atteggiamenti altrui nei propri confronti, legati inevitabilmente ad un modo errato di percepire l’altro; insomma…


In estate le paranoie maschili si moltiplicano, seguendo due filoni fondamentali: il rapporto con il proprio corpo e il rapporto con l’altro sesso (questi vanno bene per tutti e in tutte le stagioni dell’anno, ma l’estate si presta meglio anche per le paranoie). Quelle che vanno per la maggiore sono:

Mostrarsi nudi: aiuto! Noi c’avremmo la maledetta ansia da cellulite e prova costume, ma anche per gli uomini mostrarsi nudi non è sempre una passeggiata, sia in spiaggia sia in camera da letto (o comunque in situazioni…calde)! Rotolini vaganti, peli abbondanti, peni scarsi…insomma, basta anche un brufolo messo nel punto sbagliato per farli imbarazzare e fargli venire voglia di rimanere vestiti. La questione dell’augello, poi, che diamo per scontato sia automatica e agile, per alcuni è un intoppo notevole: la paura di essere derisi e di essere confrontati con eventuali peni precedenti (anche solo mentalmente…e sì, sappiate che le donne parlano e confrontano, non per cattiveria, solo per fini discorsivi e sondaggi tra amiche) è spesso di difficile gestione. Anche il rapporto con lo specchio non è il massimo: c’è chi addirittura preferisce farsi tagliare i capelli senza lo specchio davanti…e nemmeno dietro!

Donne aggressive: aiuto! La pantera del materasso la sognano tutti, ma quando poi la trovano non sanno come gestirla. Le donne aggressive spaventano e generano ansia da prestazione, ecco perché molti uomini si trovano a disagio e si intrappolano nelle paranoie, trasformando una potenziale notte di sesso in una serata di chiacchiere.

Sesso: aiuto! Gli uomini, dall’alto della loro personaggio maschile ben costruito a tavolino, si dovrebbero presentare agli appuntamenti di letto duri, sicuri e spavaldi. Invece no, hanno svariate paranoie anche rispetto al sesso. Paura che il preservativo si rompa, di aver messo su il calzino bucato, di durare poco o addirittura di non farcela sono paranoie ricorrenti che spesso portano all’auto-sabotaggio, ovvero a fare in modo che tutto “vada a finire a schifio” prima ancora che inizi. L’altro pensiero ricorrente in camera da letto è la paura che la donna finga, che non è carino fingere e nemmeno accorgersene, ma aver paura non serve a nulla: quando accade meglio farsi delle domande, nel frattempo rilassatevi, che finché la barca va…non ti imparanoiare! 😛

Esistono dei modi per fare in modo che la paranoia non attacchi più. Prima di tutto bisogna imparare a distinguere i fatti dalle proprie opinioni, sviluppando una visione più o meno oggettiva almeno di quello che accade; poi fare caso alle emozioni che si presentano in caso di paranoie: riconoscerla è il primo step per domarla e capire che è solo una personale interpretazione della realtà che si sta vivendoQuante probabilità ci sono che la mia paranoia sia reale? Sto valutando tutti i dati o solo quelli negativi? Porsi delle domande va bene, darsi delle risposte giuste anche. Chi è sommerso dalle paranoie si dà spesso risposte sbagliate, ma almeno iniziare a farsi le domande giuste è un buon inizio. Così com’è funzionale evitare di credere che tutto quello che pensi sia la verità assoluta e non invece la tua mappa del mondo. Questo aiuta a non prendere troppo sul serio te e le tue paranoie. Spegnere il vigile interno, sospendere il giudizio, respirare e concentrarsi sulla realtà presente ogni volta che la paranoia prende il sopravvento. Se tutto questo non basta, procuratevi un amico/a fidato che vi riporti sulla retta via, stando attenti a non trascinarlo nella vostra vasca di paranoie: potrebbe affogarci insieme a voi! 😉 In ogni caso vogliamo davvero perdere del tempo vitale prezioso per stritolarci il cervello con paranoie infondate?!? Io dico che possiamo trovare di meglio da fare…o no?

Paranoie ne avete? Raccontatecele a me e a LaMario stasera in diretta alle 18.30 su radio m2o! Buon weekend…

 

Buccia di Banana/Chi parte per Ibiza…

Credo di aver preso più aerei per Ibiza che treni per Pisa (a ragion veduta…e poi a Pisa nel caso ci arrivo anche in macchina). Mi distraggo molto osservando le mise dei passeggeri che vagano negli aeroporti (ne ho scritto un post qualche anno fa) ma c’è una costante che mi inquieta sempre: da qualunque città io parta, i passeggeri dei voli per Ibiza sono sempre conciati in una maniera…riconoscibile!!! Sembra che ci sia una costante estetica, una sorta di dress code da osservare in maniera religiosa, quando la destinazione finale è quell’isola lì, come se sbarcare con jeans e scarpe da ginnastica facesse brutto. Chi parte per Ibiza…

Ha sempre un cappello, meglio se di paglia, ma va benissimo anche di pelle. Se ci sono frange, passamaneria colorata o altri elementi etnici è perfetto. La variante è il cappellino da camionista (truck) o quello da baseball, solitamente indossati in abbinamento a lunghe t-shirt nere e jeans scuri. Dipende dal filone di appartenenza: i filo-fricchettoni e i super-discotecari.

Il lungo. Chi parte per Ibiza lo riconosci perché è in lungo: gonna lunga, abiti lunghi e colorati, pantaloni morbidi lunghi. Per calarsi nell’atmosfera già dalla partenza. Non importa se partono da Milano con la pioggia e 7° al sole. Qualcuno azzarda addirittura un pareo, qualcun altro addirittura il costume…come dire, pronti al tuffo!!!

Occhiali giganti. Sono indispensabili, soprattutto sul volo che parte alle 20.30. Sull’isola, però, sono utilissimi, sia per il sole che per coprire le occhiaie delle serate brave. In fin dei conti ultimamente sono stati sdoganati anche per la notte da fior fiori di trend setter, no?!?

Ai piedi stivali o infradito. Non ci sono mezze misure, o pronti per la spiaggia o pronti per la spiaggia stile ibizenco (e in effetti che fai? Scendi a ibiza con le ballerine?!?). L’unica variante ammessa ai piedi dei disco-people sono le scarpe da ginnastica. Da running (praticamente chi viene sulla isla per fare vita da club si veste come un’hipster milanese di qualche anno fa rigorosamente in bianco e nero)! Una mezza misura in realtà c’è, che non è una mezza misura ma è un tacco altissimo appoggiato su sandalo o su zoccolo. Una chicca (e io mi domando da sempre come si fa a partire sui tacchi?!?).

-I gruppi degli addii al celibato/nubilato si capisce ancora meglio che stanno andando a Ibiza e non ad Amsterdam. Presentano le caratteristiche di cui sopra accompagnate solitamente da una t-shirt bianca con scritte buffe (O_o) tutte uguali, in più collane di fiori, coroncine di fiori, veli e altri orpelli per mettere a disagio lei o lui che a breve convoleranno a nozze. Cominciano a fare casino, foto e video appena mettono piede in aeroporto. Dopotutto, certi momenti vanno ricordati…;)

Quando poi tornano li vedi scendere dall’aereo come sono partiti, in più carichi di tutte le piume, frange, colori, parei e souvenir assortiti che verranno riposti nell’armadio fino al prossimo viaggio…E ora, prima di prendere il prossimo volo per Ibiza, guardatevi intorno e pensatemi 😉

Domanda/Inchiesta: voi vi calate nel look della destinazione del viaggio fin dalla partenza o siete per il “viaggio comoda” e poi mi cambio quando arrivo? 😉 Buon lunedì a chi parte e a chi resta…