Pisciami i jeans, che li esco!!!

A volte pensiamo di non poter andare più in basso, di aver toccato il fondo con le creazioni di alcuni designer che andrebbero spediti direttamente in galera (senza passare dal via a ritirare i 20€)! E invece la vita ci insegna che al peggio, ahimè, non c’è limite! Come nel caso di questi incredibili jeans PISCIATI (non sto scherzando).

Il prodotto é un jeans che presenta all’altezza del cavallo delle simpatiche macchie “tono su tono” che ricordano quel simpatico momento in cui non trovi un bagno nelle vicinanze e decidi di pisciarti addosso. In due versioni, macchie chiare e macchie scure, si può acquistare alla modica cifra di 500/600€ (il centino di differenza dipende da quanto lo vuoi macchiato, ovviamente). A mettere in commercio questo pezzo dal design avanguardistico il brand Jordanluca. Mai sentito, vero? Manco io, ma mi sono documentata…😜

“Jordanluca è un marchio italo-britannico di abbigliamento maschile guidato dagli stilisti Jordan Bowen e Luca Marchetto: il primo un inglese con esperienze nella moda new romantic (che evidentemente trova il romanticismo ovunque, anche in una pisciata), il secondo un italiano che ha lavorato con Vivienne Westwood, la regina della moda punk (che al momento, pace all’anima sua, si starà rivoltando nella tomba).”

La combo italia-Inghilterra, che si fonde nelle collezioni del brand, tra sartorialitá e ribellione, é stata spesso apprezzata per questi suoi contrasti, dove “si respira l’attimo di paura e delirio della fuga, l’istante”. A me la paura é venuta quando ho visto i jeans, la fuga quando ho visto il prezzo…il tutto, effettivamente, é accaduto in un istante. Sarcasmo personale a parte, il prodotto in questione ha diviso il mondo della moda (e non solo), in due: chi osanna il genio ed il coraggio (effettivamente per fare certe cagate un po’ di coraggio ci vuole 😬), chi punta il dito contro la volgarità!

Ma qui ci sono più di macchie di pipì (e di una semplice provocazione): c’è il racconto del disagio e dell’urgenza, con un chiaro rimando all’uscire fuori dalla zona di comfort…oppure a starci senza problemi e con un certo stile, pronti ad essere allontanati se vi presentate in giro in luoghi pubblici con questi pantaloni addosso. 😳

Geni o folli? Sicuramente del business ci hanno capito più di me, visto che i jeans in questione, nonostante le critiche, pare stiano spopolando (sopratutto tra i modaioli che non si vogliono far scappare nessuna novità spacciata per super-stilosa…non sia mai arrivassero in ritardo). Hanno creato un nuovo fenomeno. Hanno fatto parlare di loro, portando il loro nome fuori dai circuiti dei loro clienti abituali. Impatto virale (bene o male, l’importante é che se ne parli), venduto tutto nel giro di poco. Obiettivo raggiunto. Quindi tutto bene, no?!?

A me, le domande, sorgono sempre spontanee: nel 2024, c’è ancora bisogno di fare prodotti di dubbio gusto per vendere e creare fenomeni artificiali basati sul nulla? Il business per il business giustifica tutto? Con tutto lo spreco di acqua che costa produrre il denim e con la quantità di rifiuti in giro per il mondo, avevamo bisogno dei jeans pisciati?!? Si apra il dibattito…😉

In tutti i modi, in caso di pipi improvvise e macchie sui vestiti, non ci sarà più bisogno di correre a casa a cambiarsi: o pisciata é stata sdoganata! Sarà il caso di ringraziarli???

Che fatica stare dietro ai “social” trend (però si possono ignorare eh)

Le tendenze sono sempre esistite. Fanno parte di un meccanismo umano basato sull’adozione di una certa cosa/comportamento in nome di una moda o corrente che si diffonde più o meno rapidamente tra le persone. Se prima le tendenze impiegavano secoli per raggiungere un certo grado di notorietà, con i mezzi di comunicazione a disposizione oggi tutto é decisamente più rapido ed un trend può raggiungere picchi di notorietà in meno di 24 ore! Conseguenze della fast society 😉 Non parlo solo di tendenze legate alla moda o al vestire, ma anche di quelle sociali, comportamentali e social, che di base fanno leva sul solito principio: o le segui o sei out!!!

È una spirale bastarda che avvolge tutti, poi c’è chi si fa tirare in mezzo dalle ultime novità, chi si chiude nella sua bolla ignorando ciò che c’è fuori (non privo di una sensazione di disagio perché quando le persone parlano gli appare un punto interrogativo in testa) e chi prova a studiare per lanciare nuovi trend e ricercare la notorietà tramite qualcosa che la maggior parte delle persone adotterà.
Prima usava myspace e tutti li sopra; poi é arrivato FB e via, migrazione di massa verso quest’altro mezzo, dove nel giro di qualche anno ci sono arrivati anche i nostri genitori ed in qualche caso pure i nonni 😳  Nel frattempo é comparso anche Instagram, con quei filtri iniziali che ora sono solo un ricordo; il social dei social sul quale vogliono stare tutti e tutti pensano di poterci fare dei soldi se seguono le ricette pre-confezionate ad arte da “esperti” del settore (?).
Però non basta. Tik Tok non ce l’hai? Sei veramente uno sfigato se non fai almeno un reel al giorno! Ah, manco sai cosa é un reel? Vabbè, ma sei fuori dal mondo!!! Un video veloce dove fai cose X tipo balletti, scenette, cose così…non importa il contenuto, importa esserci, provarci, usarlo!
Lo vuoi un bel l’invito su Clubhouse?
Ma non erano chiuse le discoteche?
Ma vaaaa! È il social del futuro (perché quando arriva un nuovo social è sempre e comunque quello del futuro…fino a che non arriva quello del futuro dopo): ci sono le stanze, entri, parli o ascolti.
Così, senza chiedere il permesso?”
Per ora è super esclusivo quindi ci entri solo se ti invitano. Non ci sono immagini, solo contenuti; perfetto perché più intellettuale! Eh già, dopo la sagra dei culi, dei balletti idioti e dell’esposizione 24/7 c’era bisogno di controbilanciare con un po’ di serietà senza volti, solo voci (un po’ come radio vs tv…io ho sempre preferito la radio).
Sì, vabbè, però un canale YouTube tuo apritelo, ci vuole. E lo sai che ci sono certi YouTuber che fanno solo i rumori soft per chi si vuole rilassare e hanno milioni di visualizzazioni ? 😳  (A questo punto sfodero la mia parte ruvida: ma una bella trombata per rilassarsi alla vecchia maniera no?)
E twich non ce l’hai? E due bit Coin? E sui villaggi virtuali ti ci sei mai fatto un giro? “Mah, veramente al massimo ai villaggi Valtur, ma parecchi anni fa ecco“… Twitter lo puoi anche chiudere tanto non se lo caga più nessuno. Però te un profilo Tinder fattelo, che sei single da 14 anni.
E comunque sei vecchia? Ti devi aggiornare…

Ecco, aggiornarsi, esserci, essere sempre sul pezzo…è un lavoro! E capisco chi su questi mezzi ci lavora sul serio, per cui deve per lo meno conoscerne il funzionamento per valutarne le possibilità per capire se adottarli o meno. Con consapevolezza e rimanendo in linea con se stessi. Invece quello che succede, che é ancora più impressionante, è che chi faceva la fashion blogger adesso fa la Life coach (perché pure fare corsi é un trend), le Life Coach si sono messe a fare le linee di pigiami (sabato ho fatto un giretto nel paese vicino e non c’era un negozio che non avesse in vendita tute o abbigliamento da casa: anche i marchi che avevano sempre fatto abiti da sera si sono messi a produrre simil pigiami), chi faceva abbigliamento adesso fa la SMM perché c’è effettivamente una richiesta maggiore e gli esseri più impensabili danno lezioni su come usare IG. Perché funziona. Perché é un trend e se il trend ti fa guadagnare che cazzo fai, non lo fai? Non importa quanto sei preparato o competente, l’importante é che c’hai la community e che converti!!! Anche io vorrei convertire: a lasciare un paio d’ore il telefono a casa e usare le mani per piantare zucchine nell’orto!

Tutto ciò mi lascia un po’ perplessa: capisco il gioco dei trend (lavoro nella moda da 20 anni, ho presente il funzionamento ed il tipo di meccanismo psicologico che innesca) e capisco la curiosità e la necessità di sperimentare. Comprendo meno questa corsa al dover essere sul pezzo per forza, questo plasmarsi a tutti i costi a forma di tendenza e anche questo premiare chi fa questo gioco di fare tutto (ma proprio tutto) quello che va di moda al momento. Oltre al fatto che stare sempre sull’attenti di cosa va al momento…una faticaaaa! Molto probabilmente ha ragione chi mi dice che sto invecchiando 😉

Voi cosa ne pensate di tutto ciò?

Buccia di Banana/ I nuovi mestieri spiegati a mamma

Tempi di cambiamento si prospettano all’orizzonte. Sì, ancora! Siamo solo all’inizio, sulla punta di questo iceberg che si sta sciogliendo grazie al surriscaldamento globale ma che, proprio per questa sua variazione di stato, ci obbliga o a bere o ad affogare. O anche a remare in mezzo ai ghiacci muniti di un grandissimo spirito di adattamento. Ecco, l’adattamento è quello che i tempi attuali richiedono per poter sopravvivere, nella vita, così come nel mondo del lavoro. Siamo di fronte ad una quarta rivoluzione e, un po’ come quando dai campi ci siamo spostati in città per far fronte a quella industriale, adesso siamo  chiamati a spostarci in un’altra dimensione: quella delle nuove professioni…dai nomi incomprensibili! I nomi sono ovviamente inglesi e fanno riferimento a mestieri legati alla tecnologia, alla robotica, e all’intelligenza artificiale, ma anche al benessere e alla crescita spirituale. Quasi tutti sono manager o ambassador di qualcosa, pure il macellaio è diventato il ciccia-mbassador e in tutti i casi, al primo ascolto della professione, la faccia si trasforma in punto interrogativo e la domanda sorge spontanea “Sì, in pratica cosa fai?“. O_o

Vedo mamme, nonne e zie che alle cene di famiglia non riescono proprio a capire che lavoro fanno i nipoti…che a volte non lo sanno manco loro!!! Povere mamme! Visto che la tendenza è alla complicazione e all’uso di parole incomprensibili anche per il mestiere più semplice, ecco che ci penso io a semplificare. Che di casini e misunderstanding ce ne sono pure troppi. In ordine sparso, ecco apparire nell’orizzonte professionale…

Train Manager: lo so che ogni volta che sulle Frecce sentite questa parola e pensate “ma non potrebbero semplicemente dire capotreno?“. Beh, io lo penso ogni santa volta!!!

Community Manager: non è il dirigente di comunità di ex-alcolisti, bensì gestisce ed amministra le comunità virtuali, online. Un po’ come un’amministratore di condominio, però su internet!

Digital Strategist: qualcuno che si occupa di strategie nel mondo digitale. Perché per aggirare l’algoritmo di Instagram e per fregare Google servono dei piani fatti a modino! 😉

Business Analyst: le analisi del sangue del progetto di lavoro. Non si va con trigliceridi e glicemia, ma con numeri, previsioni, budget (che poi sarebbero i soldi messi a disposizione per una determinata cosa) e complicati fogli excel con ipotesi di rientri economici. Insomma, roba di numeri che solo a pensarci già mi fanno paura. Ma sono quanto mai utili! Anche il Business Strategist, migliore amico dell’Analyst, sembra vada di moda un botto!

Social Media Manager: un essere devoto che sacrifica le sue giornate sui social network in maniera strategica e con un calendario editoriale. Mica cazzeggia! Se la mena tra app per foto-ritocco, quelle per fare le griglie a modino, crea connessioni e inventa l’impossibile per far crescere il numero di seguaci ed interazioni sul profilo dei suoi vari clienti. “Quindi? Sta su Feisbukk?” – “Vabbè, mamma, te lo spiego un’altra volta!

E-reputation manager: un esperto della gestione della reputazione online di un marchio o di una persona. Se qualcuno parla male di te o se fai una cazzata che intacca la tua reputazione in rete, lui fa sparire le tracce o fa da pacere. Un ripara-cazzate digitali!!!

Coaching: nella vita non si finisce mai di imparare. Motivo per cui c’è bisogno chi non smetta mai di insegnare. Il coach è un misto tra professore e allenatore, più simile a qualcuno che ti motiva mentre ti dà due dritte che proprio ad un insegnante vero e proprio. Di questa figura ne esistono diverse varianti: dal Life Coach, che t’insegna a vivere (roba che se fossi in grado di fare questa cosa mi farei pagare assai) caso mai ce ne fosse bisogno, al Digital Coach, che ti allena su come affrontare la vita digitale (che sembra facile, ma può diventare peggio della vita reale), fino al Personal Branding Coach, ovvero colui/colei che ti insegna come vendere te stesso, pensando alla tua persona come se fosse un marchio. “Azz! Un tempo per venderti bastava uscire in mezzo alla via con la gonna corta!” – “Mammaaaaaa“! Nel frattempo “il coach” ha deciso che si farà chiamare allenatore, perché c’è troppa gente che usa questo appellativo!!!

Content Creator: un generatore di contenuti, di solito per quello che riguarda il mondo digitale. Si occupano di immagine, scrittura, fotografia, elaborando diversi formati a seconda dell’input iniziale fornito dal cliente. “Quindi?” – “Creativi, mamma. Quelli che non fanno una sega tutto il giorno“! (si scherza eh, bimbi, che qui son creativa pure io :P)

Care Giver: chi si occupa di accudire gli anziani. Sì, lo so, una volta si chiamavano badanti. Mo’ si sono evolute pure loro!

Food&Beverage Manager: nei ristoranti una volta c’erano i cuochi, che facevano tutto, dal menù alla spesa fino alla pulizia della cucina. Adesso ci sono gli chef, che fanno dei gran meeting con il F&B Manager per decidere che cosa farti da magnà. Danno la linea al ristorante o al locale. Insomma, si aggiungono passaggi, ma alla fine ti danno sempre da mangiare!

Personal Shopper: una persona che ti aiuta a fare shopping. Sì, perché nel caso tu avessi problemi con lo specchio e avessi dubbi su cosa ti sta bene e cosa no, ecco che arriva un angelo esperto di moda pronto a farti spendere soldi in giro. Una bella comodità anche in caso di pigrizia e poca propensione agli acquisti (e alla moda in generale). A questo proposito stanno spuntando anche le Armocromiste, ovvero coloro che ti aiutano a gestire i colori in base ai tuoi e alla tua personalità (dite che ne avrei bisogno con la mia ipercromia dilagante?!?) e le Closet Organizer, ovvero quelle sante donne che ti vengono a mettere a posto gli armadi. “Ahhh! E quella la voglio assumere” – “Vediamo se ne trovo una brava in rete!

Public speaker: gente che parla in pubblico. A metà tra attori e oratori, sono persone che vengono pagate per parlare negli eventi pubblici. “Parlano a caso?” – “Spererei di no, ma non si sa mai

Yoga ambassador: “Scusa mamma, ma l’ambasciatrice dello yoga non ho ancora capito cosa fa“! O_o

Intanto, dalle redazioni di riviste autorevoli, ci avvertono che sta arrivando il Re-skilling, che non è un ultimo ritrovato anti-age, ma la “riqualificazione professionale“, che vuol dire tutto e niente. “…un processo di reskilling potrà riguardare chiunque voglia avere un valore nel mercato del lavoro, cogliere opportunità, ottenere posizioni. […] E’ l’importanza della multidisciplinarietà e dell’essere visionari per creare i lavori del futuro.” E cioè? Essere svegli, adattabili e non spaventati, pronti ad aggiornarsi ed imparare quello che ci sarà da imparare per svolgere le nuove professioni richieste, che sembrano essere: business and financial operations, esperti di management, It e scienze matematiche. Se volete. Altrimenti si può sempre tornare in campagna a fare l’ Earth Operator, ovvero il contadino!!! 😉

L’importante è essere svegli, creativi e capaci di intercettare le necessità del futuro e…farne una professione.

Buccia di Banana/ Il virus ha infettato l’italiano!

Se già stavamo messi male con l’influenza anglosassone, con questo virus abbiamo finito di infettare la nostra lingua. E la verità è che non ci si capisce più una mazza! O meglio, capire ci capiamo, ma le frasi suonano alle orecchie come la lingua dei minions: c’è qualche parola che ogni tanto somiglia a qualcuna conosciuta, ma in generale è un gran casino! Siamo arrivati ad una pericolosa deriva, chissà se ce la faremo a riprenderci?!? Dalla scuola al posto di lavoro, passando per gli ospedali e fino alla vita privata, sembra tutto un gran casino…

A partire dal famoso lockdown, ovvero una chiusura totale, il che rende quasi un ossimoro ciò che si legge in alcuni giornali che definiscono zona gialle e arancioni come “lockdown parziale” (ma come fa un a chiusura totale essere parziale? Ce la facciamo?); l’italiano c’è, possiamo chiamarlo chiusura, confinamento, isolamento, ma preferiamo chiamarlo “lockdown severo“, traducendo maccheronicamente l’inglese “severe lockdown“, che in realtà sarebbe “grave“. Non è tanto grave fare smart working, nel senso, i freelance, ovvero i liberi professionisti, sono abituati a lavorare da casa da una vita, soprattutto quelli che non possiedono un vero e proprio ufficio. Chiamarlo lavoro a distanza, però, suonava un po’ sfigato, così come chiamare dire all’amica che alle 12 abbiamo una chiamata invece che una call oppure una riunione al posto di un meeting per programmare il prossimo webinar. E mentre i genitori si affannano a lavorare in pigiama dalla cucina, i ragazzi attivano i device scolastici per continuare l’e-learning comodamente dalla camera da letto tramite interessanti tutorial e online classes. Si fa lezione da casa con il computer effettivamente era troppo riduttivo come concetto…;)

Poi si accende la tv e veniamo invasi da nomi e paroloni altisonanti: l’Italia stanzia il recovery fund…così che non sia ben chiaro ai compaesani cosa e dove si andrà a parare con questi fondi di recupero, ovvero un provvedimento a sostegno dell’economia dell’eurozona (altrimenti battezzato Eurobond o Eurofund); abbiamo addirittura una task force di esperti arruolati per farci uscire da questa crisi, ma per salvare i brand forse è meglio puntare sull’ e-commerce. Lo dicono gli esperti, quelli che hanno caldamente sponsorizzato l’inserimento di menù contactless per evitare le droplet che potrebbero depositarsi sulle superfici.

Le droplet sono goccioline di sputo che scappano quando si parla. Così, per dire…

Report giornalistici e social ci invitano a stare a casa, perché la pandemia non accenna a mollare il colpo, motivo per cui ancora si distribuiscono kit per esami sierologici e si continuano ad effettuare screening sui soggetti a rischio. Controlli che vengono fatti in ogni dove, anche nei mall grazie ad innovativi termoscanner posti all’ingresso. E qui sorge spontanea la domanda: ma i vecchi termometri erano davvero così brutti?!?

Forse sì. L’unica speranza è che con i primi vaccini venga sradicata anche questa seconda ondata di infezione della nostra povera lingua. O anche solo con un po’ di buonsenso 😉

Buccia di Banana/Correggere i correttori (e le testimonial)

Cominciano le scuole, comincio pure io a fare la maestrina in questo spazio che ormai va avanti da diversi anni segnalando scivoloni e cadute di stile. Moda, ma non solo: costume, società, atteggiamenti e notizie che fanno cascare le…insomma, che lasciano perplessi. Oggi vi porto sul tappeto rosso di Venezia insieme ad una giovanissima influencer e ad un marchio di cosmetici che dovrebbe rivedere campagne di marketing e copywriting.

 

Spendiamo due parole sul nome di questo prodotto incredibile: il cancella età!!! Già mi viene voglia di arrabbiarmi. Il marketing continua a credere che mettere il dito nella piaga di una delle paure dell’essere umano, ovvero quella dell’invecchiamento, sia una cosa carina per indurre a comprare. In questo caso ha rincarato la dose, andando a pigiare ulteriormente sul femminile e questa smania di non dover dimostrare MAI la propria età passati i 20 anni. 😱 Perché si sa, le donne le vogliamo sempre giovani e fresche; perché le rughe fanno brutto; perché 40/50 anni che schifo e perché meglio correggere l’età che portarla a spasso serenamente! Quindi, care signore e signorine, accomodatevi a comprare il Correggi Età, rivoluzionario correttore con Anti Age (giusto per ribadire)!!!

Per pubblicizzare il prodotto hanno pensato bene di utilizzare una giovane Influ (per gli amici), la 24 enne Giulia de Lellis (uscita dal mondo patinato di Uomini&Donne e autrice (diciamo ideatrice, perché la penna ce l’ha messa un’altra) del libro che ha sbancato le classifiche lo scorso anno “Le corna stanno bene su tutto! Ma io stavo meglio senza”…ecco, io credo che anche noi stavamo bene senza questa perla della letteratura italiana, ma vabbè). Venti. Quattro. Anni. E già le serve il cancella età? Andiamo bene. A 40 cosa le faranno pubblicizzare, un vasetto di unguento miracoloso per la rinascita?!? O_o Io boh…un po’ di correttore via via lo usiamo tutti, ma questa corsa all’appiattimento facciale con questa promessa di eterna giovinezza…

Il fallimento di questa campagna e anche la celebrazione della normalità della vita arriva dal Red Carpet di Venezia, dove la signorina è andata fiera e testa alta, ma con il volto ricoperto di brufoli non proprio perfettamente CANCELLATI dal correttore in questione. Quindi, il miracoloso trucco cancella solo gli anni, ma i brufoli NO! Bando alle stupide critiche mosse alla povera Giulia, che voglio dire a 24 anni uno sfogo ormonale di acne ci sta (con tutto lo stress che ha riportato è anche comprensibile), è stata più intressante la figura non proprio bellissima del brand. Un simpatico scherzo del karma dove, più cerchi di Cancellare l’Età (ed instillare questa paranoia al mondo femminile) e più questa si palesa in tutta la sua essenza, imperfezioni della pelle comprese! Cari signori del caro brand, vi ci sta bene!

E voi ricordate che accettare il tempo che passa è il primo segno per non avere segni del tempo che passa! No, non è una supercazzola…;) Buon lunedì!

Buccia di Banana/Il sindacato delle influencer: parliamone!

Che quello delle influencer fosse ormai un mestiere ce ne eravamo accorti, soprattutto dopo la nascita di un corso universitario apposito per l’argomento (una triennale sotto Scienze della Comunicazione con indirizzo “influ” della scuola eCampus al costo annuale di 3900€). Il fatto che si formino persone in grado di svolgere un mestiere con competenze e know sempre meglio di chi si improvvisa e lo fa come viene viene, no? 😉  La notizia della nascita di un vero e proprio sindacato rende il tutto ancora più ufficiale e professionale…o almeno dovrebbe! Ma andiamo con ordine…

Il sindacato si chiama TCU (the creator’s union, l’Unione dei creatori che già ha un suono altisonante) e nasce a difesa dei diritti degli influenzatori del web, prevalentemente di quelli di colore, che sono discriminati anche online. Differenze salariali ingiustificate, difficoltà nei contratti e pagamenti in ritardo hanno fatto nascere l’esigenza di avere un organo di difesa e tutela di tutta la categoria. Ed è questo che il neonato sindacato britannico intende fare, vigilando su come, quanto e quando i contenuti e chi li produce vadano protetti. 

Quello dell’influencer é un mestiere che fa girare a tutti gli effetti diversi miliardi di dollari al pari di pubblicità su riviste di settore, ma spesso dietro c’è una giungla, sia per quanto riguarda la vera professionalità di chi fa questo lavoro sia per la gestione economica. Le prime influencer erano freelance ma vorrei sapere quante di loro erano in possesso di una regolare partita iva e quante al momento pagano le tasse…🤔  Con il passare del tempo la cosa si é ufficializzata, sono nate agenzie specializzate (al momento se ne contano circa 380) che contrattano con le aziende per evitare problemi di pagamenti o utilizzi non corretti del materiale prodotto. Nonostante ciò è arrivato il sindacato, che secondo alcuni può solo far del bene ed elevare il settore, che aiuterà con assistenza legale e contrattuale tutte le influ, da quelle top a quelle micro. Probabilmente perché anche le agenzie non sempre giocano pulito e a favore delle professioniste in questione…

Insomma, con il sindacato direi che non ce le leviamo più di torno 😜  ma almeno le sappiamo tutelate e non discriminate. A questo punto io proporrei un albo, con tanto di esame di ammissione, così almeno sappiamo che sono anche qualificate e non improvvisate…

Buon lunedì (e siamo già a fine luglio)

Buccia di Banana/Piccoli appunti estivi per la palestra

Il caldo non è simpatico, sudare nemmeno. Quando si decide di andare in palestra o ad allenarsi anche duranti i mesi estivi è normale che all’aumento della temperatura dovuta al movimento si aggiunga anche il caldo atmosferico (eviterei aria condizionata per non incappare in problemi peggiori). Ora, normalissimo avere voglia di spogliarsi un po’, ma è proprio necessario andare in giro mezzi nudi o con indumenti che al primo squat lasciano intravedere la qualunque?!?

Sto parlando (con cognizione di causa e prove alla mano) di uomini con shorts anni 70 con tanto di spacchi laterali portati senza mutande sotto (sì, forse questo capita a Ibiza, ma sono sicura che anche nella nostra penisola ci siano dei casi simili) così da sventolare parti basse private ad ogni spaccata; di donne con canottiere super scollate portate senza reggiseno che lasciano poco spazio all’immaginazione, soprattutto nel caso di piegamenti laterali o verticali; pantaloncini ultra-stretti e raso chiappa che si faceva prima ad uscire in mutande…

Va bene sentirsi liberi e soffrire il caldo, ma anche lasciare tutto in giro non è proprio il massimo e non solo per rispetto del vicino di tappetino, se non per una questione fisica e di protezione delle proprie parti del corpo. In base al tipo di allenamento e in base al tipo di esercizio c’è bisogno di un abbigliamento adeguato, che lasci la libertà di movimento senza comprimere e senza lasciare che cose più o meno ciondolanti sciabordino in libertà. Quindi sì a leggings e anche pantaloncini purché siano aderenti al corpo o almeno corredati di uno slip sotto; canottiere e top sono i benvenuti, così come t-shirt e pantaloni della tuta. Insomma, c’è tutto un settore specializzato in abbigliamento tecnico con alte prestazioni sia per il sudore che per il comfort…utilizziamolo, no?

E abbiate pietà per chi si allena davanti a voi… 😉 Buon lunedì, con la palestra e anche senza!

Buccia di Banana/Attività ricreative da spiaggia…

Bei tempi in cui in spiaggia si giocava a racchettoni o con la pista delle biglie. Al massimo una camminata con l’acqua a mezza coscia (che fa bene alla circolazione, come ricordano le riviste in questi periodi) o una partitella a carte sotto l’ombrellone. Non so se i tempi sono cambiati o se, dato che “non abbiamo mai tempo”, si utilizza il tempo di relax e ozio per compiere attività che in altri momenti risulta difficile fare. Ma che, in tutta onestà, sarebbe più opportuno fare nel proprio bagno o tra le mura domestiche…O_o Più che attività ricreative si tratta di operazioni estetiche e di pulizia della persona , esercitate su se stessi o su altri, così, alla luce del sole…

Two monkeys grooming each other

In questo ultimo mese mi è capitato di assistere a scene di questo tipo:

-IL CLASSICO: lei che spulcia dai punti neri la schiena di lui! Un classico intramontabile, ma non per questo meno aggraziato, nei momenti di noia sotto al sole si approfitta del caldo, del sudore e del sale per stanare famiglie intere di puntini neri nascosti sotto la pelle. Non aggiungo altro…

-NEW ENTRY: portarsi il guanto di crine in spiaggia per fare un bel peeling all’aria aperta! Un tuffo in mare per ammorbidire la pelle, un po’ di olio immediatamente dopo e via a farsi una bella grattata dal collo fino ai talloni, con particolare cura ai gomiti e ai punti tosti dai quali eliminare cellule morte. Poi di nuovo un tuffo a mare per sciacquare le scorie e via, come nuova, pronta a prendere il sole.

-PEDICURE PERICOLOSA: un massaggio ai piedi con la sabbia ci sta, così come una grattatina innocente nel caso in cui inciampiamo su una pietra pomice romanticamente portata dal mare…ma tirare fuori tronchesine, limetta e pure lo smalto per improvvisare una pedicure al mare, anche no! E se l’unghia schizza nella parmigiana di melanzane del vicino!?! O_o Io posso uccidere per molto meno 😉

-DEPILAZIONE INGUINALE A PINZETTA: ora, anche io nel beauty del mare porto sempre una pinzetta con me perché sotto la luce del sole vedi peli che normalmente sembrano seppelliti. Ma tra portarsi via un peletto qua e là e farsi la depilazione completa alla passera assumendo posizioni ginecologiche sotto al sole delle 14 con la spiaggia piena di gente…c’è la sua differenza. Boh, se proprio non avete altro tempo…

Non possiamo tornare ai racchettoni o al massimo a un buon vecchio libro?!? Avete visto qualche altra attività ricreativa di poco gusto? Raccontatemiiii…

Buon lunedi!

 

Buccia di Banana/ Fashion Campaign: why #24

Prima del Covid, prima di essere bloccati nelle nostre case, prima che ci passasse la voglia delle vacanze, insomma prima di tutto il casino, molti marchi avevano già scattato le loro campagne per questa primavera-estate. Invitanti suggestioni visive che dovrebbero in qualche modo animarci e farci sognare…O_o

brand: charles and keith / campagna: distanza sociale versione spiaggia

Distanza sì, distanza no! Mascherine sì, mascherine no! La verità è che con le dritte della “nuova normalità” (che già fa paura come termine) non ci si capisce un gran che; ed è anche vero che se negli stabilimenti la distanza è stabilita dagli ombrelloni, nelle spiagge libere diventa più complicato. Ecco un suggerimento decisamente fashion e molto concettuale per prendere le distanze dal vicino di asciugamano 😉 Mi raccomando però, vestiti di tutto punto, accessoriati e con l’espressione depressa!

brand: PINKO / campagna: Il toro si prende per le corna

E’ noto che in certe situazioni il toro vada preso per le corna! Ma Pinko preferisce prenderlo alla vecchia maniera, redini e via, tentare la sorte. Fondamentale il completino da cow boy completamente pieno di glitter e frange: serve per stordire l’animale in questione, che con il rosso si agita, ma con gli sbrilluccichi va completamente nel pallone.

brand: LOUIS VUITTON / campagna: distanza fLOREALE

Chi non riesce a mantenere la distanza sociale e ha bisogno di una dose di tenerezza e vicinanza, può optare per un piano B che prevede un contatto stretto con la natura, che sempre aiuta nei momenti di difficoltà, ma comunque una distanza dal prossimo. Ora la domanda è: potevano abbracciare una palma e non estirpare quintalate di rose?!? O_o

brand: louis vuitton / campagna: ladri di banani

L’invidia è una brutta bestia! Ma anche camminare con scarponi e giaccone sulla spiaggia non deve essere simpatico per niente. Eppure questo è òutfit consigliato per passeggiate in solitaria (sempre per la questione post-pandemica), dove i volumi del soprabito e  la borsa da mare (!?!) sono perfetti per raccogliere conchiglie, sassi, legnetti e per imboscare caschi di banane sottratti al giardino del vicino. Attenzione alle foglie, quelle nasconderle del tutto è decisamente più difficile…

brand: SAINT LAURENT / campagna: STRISCIA LA BISCIA

In realtà il serpentello pare chiamarsi Charlie Brown, amico del fotografo che l’ha selezionato per questo lavoro degno di nota in cui la sua presenza è fondamentale per ravvivare questa combinazione leggings/top (della misura sbagliata) di un’originalità sbalorditiva. Ecco che il piccolo Charlie arrotolato diventa un punto focale di attrazione che rende questo scatto una patinata immagine di vita degli animali. Da apprezzare il fatto che la signorina non abbia usato l’appuntita punta di metallo della scarpa per scacciare Charlie…

brand: VIVIENNE WESTWOOD / campagna: IL peso della solitudine

La solitudine pesa come una sardina gigante riempita di sabbia che schiaccia la testa! L’espressione non poteva essere più triste…

Buon lunedì 😉

Buccia di Banana/Manipolazioni pubblicitarie e articoli inutili

La Moda, si sa, ha uno stuolo di servitori al suo servizio. Tra questi chi scrive di Lei sicuramente ha un posto di prestigio, perché volenti o nolenti è grazie ai mezzi di comunicazione che ci arrivano tutte le scintillanti news su abbigliamento&Co. Accessori, colori, tendenze e stili dettati da personaggi più o meno illustri ed autorevoli. Il “come” se ne parla e se ne scrive FA LA DIFFERENZA. Ecco perché, in questo momento in cui tutto sembra scuotersi in nome di un ribaltamento di valori e modalità produttive, vedere che chi scrive di moda lo fa sempre in maniera manipolatoria, vuota, ed approssimata mi fa veramente cascare le…:) Buon lunedì!

Ma cos’è il “TUNING” spensierato? E soprattutto siamo sicuri che c’è questa valanga di spensieratezza in giro? Mah…Ancora una volta l’abuso degli inglesismi genera perplessità ed il solito vecchio pensiero “ma parla come magni”!!!

MANIPOLAZIONE e PUBBLICITA’ (nemmeno troppo occulta) di uno dei colossi che non avrebbero più bisogno di essere menzionati dalle testate giornalistiche da qui all’eternità. La costruzione della frase mostra: 1-Un’affermazione di dubbia provenienza (chi te lo ha detto che è il più venduto?!?); 2-Pubblicità al Signor Amazon; 3-Spinta sulla questione tutta al femminile legata alle paranoie curve-costume-nudità, una cagata pazzesca che ci rivendono costantemente per alimentare le insicurezza; 4-Rush finale con accento sul prezzo che incentiva all’acquisto di beni che costano poco (sì, ma a che prezzo)?

Il simpatico pezzo prosegue con un’altra affermazione appetitosa FIGHISSIMO-COSTATO POCHISSIMO. E l’altra interessante notizia che per fare ricerca sulle tendenze stagionali si va su Amazon…ma davvero? Sono rimasta mooolto indietro…

Le banalità non finiscono qui. A quel punto dobbiamo scoprire cosa c’è di così figo in questo costume e apprendiamo che: 1-è NERO, che come è noto, STA BENE A TUTTE (!!!); 2-“ha le caratteristiche giuste per avvolgere alla perfezione tutte le curve“…la vacuità di questa affermazione che non fornisce nessun tipo di dettaglio o precisazione tecnica su quali siano queste caratteristiche mi lascia intendere che non c’è nessuna competenza tecnica dietro a chi scrive o che c’è semplicemente la necessità di proporre molti contenuti senza nessun tipo di cura. MA DAVVERO noi vogliamo leggere queste cose? IO, sicuro che NO! 3- la vestibiltà regolare è un altro concetto che andrebbe approfondito, ma vabbè…

Finalmente siamo arrivati in fondo a questo articolo in cui ho appreso che questo famigerato marchio del costume più cool e venduto di questa stagione è di proprietà di Amazon (cosa che non depone a suo favore a mio avviso); ma soprattutto che “tendenze principali per i costumi da bagno nell’estate 2020: la conferma che il pezzo unico è un must a cui non rinunciare assolutamente!“. E ora la mia puntigliosa penna rossa si chiede: come fa il costume più venduto su Amazon ad essere UN PEZZO UNICO?!?! C’è evidentemente ancora moltissima strada da fare…

L’analisi del testo è finita. Andiamo in pace. (Pretendendo di leggere meglio, perché di questi articoli vuoti dai titoli altisonanti non se ne può più…sembra che ci prendano per scemi e noi scemi non siamo)! #slowriting