Scoperte Sovversive: chiudere l’anno con gli occhi aperti

No: niente buoni propositi, niente liste e niente pipponi di fine anno. Che questo 2021 è stato un altro bel macigno mi sa che ce ne siamo accorti tutti. Ed anche che ce lo stanno facendo chiudere non proprio in scioltezza. Quindi andiamo oltre. Ecco, “oltre” è una parola che mi piace, un invito a guardare avanti, a non lasciarsi condizionare dall’informazione ufficiale, a non farsi rincoglionire dalla banalità dei social (o meglio, un po’ ci sta giusto per distarsi, ma se deve essere un’arma di distrazione di massa attiva 24 ore al giorno, anche no!), ad accrescere cultura e conoscenza, indispensabili per aprire la mente. Oltre anche alla propria zona di comfort: alle abitudini sedimentate da decenni, al “ormai sono così” e “ho sempre fatto così“, alla vita così come l’abbiamo vissuta fino ad adesso. Cambiare non è una parolaccia. É la base della vita: ce lo insegna la natura, basta osservarla! Anche i sassi cambiano forma ;P

Quest’anno mi sono imbattuta in diversi libri, personaggi e film che mi hanno aiutato a guardare oltre. Ecco perché, per chiudere questo 2021, ho deciso di appoggiarli qui. 😉 Se vuoi appoggiarmi i tuoi nei commenti sotto al post, te ne sono grata! Mi piace lo scambio…

Libri, profili e film che mi hanno dato una spinta in più

Elogio della Lentezza, Carl Honoré – Un classico della “slow life” che mi era sfuggito in questi anni. Ma che assolutamente conferma la mia visione e mette a conoscenza di alcune realtà virtuose, italiane e straniere, orientate a questo stile di vita. “Essere slow significa controllare i ritmi della propria esistenza, decidere quanto si vuole essere veloci in ogni contesto. Se oggi voglio andare forte, vado forte; se domani voglio andare piano, vado piano. Quello per cui combattiamo è il diritto di scegliere i nostri tempi“.

Brand Activism, dal Purpose all’Azione, Philip Kotler Christiana Sarkar – Forse un po’ tecnico, ma per chiunque abbia un’attività o un brand, credo che sia un libro da leggere in questi momenti dove limitarsi a vendere un prodotto non funziona più. Ci sono dei problemi reali intorno a noi che i governi fanno finta di non vedere (o che comunque non prendono sul serio, sempre in nome di dinamiche economiche) e che le aziende sono chiamate a fronteggiare con il loro operato. Attivo! Che di chiacchiere siamo pieni! AVVERTENZA: alcune parti fanno veramente incazzare 😛

Dis-educazione: perché la scuola ha bisogno del pensiero critico, Noam Chomsky – Qui si parla di educazione e formazione, ma più che altro si mette in luce come il sistema educativo scolastico tende a formare robot più che esseri pensanti. E invece c’è proprio bisogno di menti attive, in grado di creare connessioni e di ragionare con la propria testa! Aiuto!

Chi ha spostato il mio formaggio?, Spencer Jhonson – “Se non cambi, rischi di scomparire“. Una fiaba metafora del valore del cambiamento, della flessibilità e dell’apertura mentale. Un libro che non contiene concetti rivoluzionari e tanto meno metodi infallibili; ma fa ripassare in modo “leggero” concetti semplici che dovremmo aver introiettato da tempo, ma che nel momento in cui qualcuno ha spostato il nostro Formaggio, dimentichiamo troppo facilmente, vittime di mancanza di coraggio o lucidità.

Don’t Look Up (film) – Ho letto di tutto su questo film, critiche all’ennesima “americanata” apocalittica. Chi si è fermato a quello non ha capito una mazza. E’ tutto volutamente grottesco ed, anche in questo caso, l’invito è a guardare oltre per capire effettivamente in che stato siamo! O_o

Seaspiracy – The Social Dilemma – Superare i Limiti (documentari) – Tre documentari leggerini 🙂 tre racconti di cosa succede in fondo al mare, nella rete e nel Pianeta. Lo so, sembrano catastrofici, ma ci può essere luce in fondo al tunnel. In ogni caso dare un’occhiata può essere utile a prende

L’indipendente (magazine online) – La sua bio su IG recita “informazione senza padroni” e già qui ha attirato la mia attenzione. I contenuti e gli articoli sono scritti bene, le fonti citate in ogni singolo post e tutto sommato offre punti di vista differenti da quelli dei media tradizionali ed ufficiali. Il direttore di questa rivista è Matteo Gracis, giornalista e nomade digitale che seguo volentieri per la brillantezza del suo pensiero e la chiarezza con la quale lo espone. Se tra un’influencer e l’altra vi avanza spazio…;)

Alessandro Sahebi (giornalista e attivista) – Altro personaggio degno di nota, Alessandro Sahebi fa riflessioni politiche profonde esponendole con un linguaggio semplice e diretto. Brillante. Smart, come dicono gli inglesi. In mezzo alle cazzate e ai video di gattini (che comunque guardo), è una boccata d’intelligenza a colori (il suo profilo IG è quasi peggio del mio…no, forse no, il suo è più ordinato).

Buona fine e Buon inizio! 😉

Ma da quando abbiamo ‘sta mania dei maglioni di Natale?!?

Ci sono usanze secolari per le quali, comunque, amo trovare delle spiegazioni e ci sono usanze recenti delle quali ancora non riesco a spiegarmi il perché, il come ed il quando sono entrate in circolazione (sopratutto dalle nostre parti). Tipo: ma i maglioni natalizi da quando sono diventati un must have?!? Ho fatto le mie indagini, ho valutato i risultati, ci ho messo un carico da 90 con considerazioni legate all’insostenibilità di questo trend (eh oh, parte del mio compito è rovinare le feste ;P), ma poi ho deciso di regalare alternative e piccole gioie. Comunque. Andiamo con ordine…

La storia del maglione natalizio

In principio era la funzionalità e la pazienza delle povere nonne scandinave. Ebbene sì, questi maglioni dalla pesantezza importante nascono proprio lassù, dove il freddo picchia forte, alla fine del 900. Venivano fatti a mano per i pescatori, volutamente con colori sgargianti e fantasie variegate per identificare i giovani nel caso fossero caduti in mare (allora quello con la renna si riconosceva subito)! Troppo stilosi per essere lasciati solo negli armadi dei pescatori scandinavi, eccoli passare sulle piste da sci norvegesi; caldi, pratici e cool quanto basta, cominciarono a diventare un indumento diffuso. Ma mai quanto a portarlo sotto i riflettori furono attori e personaggi televisivi agli inizi degli anni 80; Bill Cosby in primis, nel suo “The Bill Show”, con maglioni disegnati dallo stilista olandese Kus van der Akker (perché per rinnovare le cose delle nonne ci vuole sempre uno stilista); seguito da star come Gable, la Bergman e Gary Cooper. Irlanda ed Inghilterra cominciano già a perdere la testa. Impazziscono talmente tanto che nel frattempo si diffonde parallelamente l’usanza del “maglione natalizio brutto“, ovvero versioni super kitsch al limite del buon gusto da regalare, apposta per mettere in imbarazzo, amici e parenti. Vengono organizzate feste a tema e le produzioni cominciano a raddoppiare. Il culmine si raggiunge con il Diario di Bridget Jones nel 2001, dove il maglione con la renna Rudolph indossato da Colin Firth fa rabbrividire Bridget e anche un po’ tutti noi. Ma tant’è. Ormai la moda è fatta. Il trend è sacro come la stella cometa sopra alla grotta di Gesù bambino ed il puntale in cima all’albero di Natale. Dalle nonne norvegesi alle catene del pronto moda fino ai grandi marchi del lusso, dove un Christmas Jumper viene inserito d’obbligo nelle collezioni invernali. Indossato per feste a tema, feste in casa e anche feste di beneficenza (come il Christmas Jumper Day organizzato ogni anno da Save the Children dal 2012). E fin qui, più o meno, tutto bene…

The Dark Side del Maglioncino Natalizio…

Dalle storielle passiamo ai numeri. Le nonne scandinave facevano i maglioni a mano. Con la lana vera. In quantità comunque limitate all’efficenza delle loro sante zampette. Di fatto, nel 2017, sono stati spesi 220 milioni solo nel Regno Unito in maglioni di Natale (mi sta cascando la testa sulla tastiera mentre lo scrivo) e dubito che su queste ingenti quantità di capi venga usata pura lana vergine. Di cosa saranno fatti mai questi maglioni? Poliestere. Acrilico. Sintetici. Insomma, sono fatti di plastica!!! Se a questo aggiungiamo che due su cinque vengono indossati una sola volta durante le feste per poi essere gettati e che vengono sostituiti annualmente (non vorrai mica fare la figura del pezzente e presentarti per due Natali di seguito con il solito pulloverino?!?)…diciamo che questa grossa operazione di business natalizio non è proprio un toccasana per l’ambiente (quindi dobbiamo essere buoni o dobbiamo essere cool?).

Rinunciare, Riciclare, Fare…

Ora che sappiamo tutta la verità e che siamo coscienti e consapevoli, che si fa?!? (La consapevolezza è una grossa rottura in certi casi, sono d’accordo 😛) Il livello base è strafregarsene di questa usanza e decidere di farne a meno di questo must d’importazione. Voglio dire, già da queste parti dobbiamo ottemperare a un notevole numero di tradizioni (giusto oggi mamma sbirciava la mia agenda per trovare una data libera per fare gli struffoli), una in meno non fa mica male?!?

Il livello medio è dire addio al nuovo e abbracciare l’usato. Mettiamo da parte le reticenze sul vintage e seconda mano e andiamo a ravanare nei maglioni vecchi. Quelli infeltriti, quelli spessi che non entreranno mai sotto al cappottino, quelli ingialliti dagli anni ma tanto con le lucine soffuse non si capisce se sono gialli o bianchi ingialliti dal tempo. Magari si trovano quelli delle nonne scandinave. Magari si trovano di lana. In ogni caso non abbiamo alimentato questa produzione folle!

Il livello pro è il fai-da-te. E no, non sto parlando di sferruzzare, ma di customizzare un maglione già presente nell’armadio e sacrificarlo per il Santo Natale. Senza comprare niente di nuovo, ma utilizzando quello che c’è già in casa. Vale a dire nastrini, palline dell’albero, peli di gatto che possono diventare simpatici pon pon, t-shirt dismesse dalle quali ritagliare fantastici patch a forma di gatto renna o alberi natalizi da applicare poi a mano. Insomma, le vie della customizzazione sono infinite e anzi, potrebbe diventare un gioco infinito dove ogni anni si aggiunge un pezzo. Allora sì, sai che figata di maglione super personalizzato viene fuori? Visto che siamo in zona natalizia e mi sento generosa, per invogliare il fai da te e per dissuadervi dal comprare l’ennesimo stupido maglione, vi regalo un disegno-cartamodello pronto da stampare, ritagliare su qualsiasi tessuto e applicare sul vostro nuovo, incredibile e unico Upcycled Christmas Jumper. (Nel caso vi animaste, taggatemi su IG o mandatemi le foto del risultato) 😉

Mettiamo fine allo spreco dei business delle feste comandate. O i maglioni di Natale ci seppelliranno (insieme a tutto il resto). E ora dimmi la verità: tu ce l’hai o mai avuto??? 😉

Rientro: un post in 9 tappe per rompere il ghiaccio dopo 8 mesi di assenza!

Penso che questa sia stata la pausa più lunga che ho preso da questo blog dal giorno in cui l’ho aperto!!! Non so esattamente come mai o forse sì…;) Diciamo che a volte gli eventi della vita ti travolgono, cambiano gli equilibri, si aggiungono cose e le giornate, in fin dei conti, sono pur sempre fatte di 24 ore. A volte la modalità ninja non funziona, così come non funzionano le agende, le liste e i piani editoriali: per mandarli all’aria basta poco. E ritrovarsi con il blog in silenzio per mesi è un attimo. Poverino. Trascurato per i social (che richiedono comunque impegno), abbandonato per il magazine, messo da parte per dedicarsi ad altri progetti e anche per non fare assolutamente niente. É stato un attimo, ma ora ci si ripiglia. Ho deciso di rompere il ghiaccio così, con 10 tappe salienti di questi 8 mesi.

1.Il Paradiso ti mette alla prova…

Jungle House Ibiza Summer 2021

Maggio 2021. Sono tornata a Ibiza, come accade da ormai sei anni. A casa. La mia casa. La prima con un contratto ufficiale a mio nome. Battezzata Jungle House per via del suo giardino pieno di piante con un mix esotico-mediterraneo-indonesiano; pareva di stare in un altro luogo. Il mio piccolo angolo di paradiso. Un paradiso che mi ha messo alla prova (guai a passare una stagione rilassata e tranquilla). Perché condividere è difficile (sopratutto dopo una certa), così come mantenere gli equilibri e gestire le relazioni, che siano occasionali con perfetti sconosciuti o con amici di lunga durata. Ho sperimentato sulla mia pelle che i compromessi sì, ma solo se sono bi-laterali, altrimenti si rischia di essere sopraffatti dal prossimo. Mi sono ricordata che abbozzare per il quieto vivere e lasciarsi scivolare addosso le cose a volte non funziona, perché certe cose rimangono attaccate e lo scontro diretto è più funzionale. Insomma, per vivere in paradiso mi so’ fatta un po’ di sangue amaro. Ma ho imparato la lezione e sopratutto non ho ucciso nessuno. Quindi va tutto bene ;P

2.Gattiny

Pina, Banana e Mirtillo appena arrivati

Quando la vita si fa dura, vedrai apparire un gatto! A me è sempre capitato così. E quest’anno i gatti protettori sono apparsi subito: il primo, ribattezzato Tigro, la mattina stessa che ho messo piede a Jungle House. Appollaiato su una macchina rossa, mi ha subito guardato male appena l’ho salutato con eccessivo calore ed entusiasmo. Schivo e selvaggio ma curioso; ci ha messo tre mesi prima di prendere coraggio e darmi fiducia. A fine stagione dormiva sul mio letto…insieme a Piña, altro bel soggetto sottratto a morte certa e catapultato in casa, insieme a due piccoletti, Banana e Mirtillo. Mamma gatta sprovvista di spirito materno (mai vista una gatta così poco propensa all’accudimento) e i due piccoli hanno riempito la casa di peli e zampette. Mi sono totalmente rincoglionita appresso a questi tre; era da tempo che non avevo cuccioli ed osservarli crescere ed allungare i passi nella giungla è stato un terapeutico atto di non attaccamento. Quando li ho dovuti dare in adozione è stato un trauma. Ma anche una conquista. Amore incondizionato senza possesso. Anche perché niente è tuo. Piña è rimasta con me. Insieme a Tigro. A presidiare e proteggere Jungle House anche in inverno in attesa del mio ritorno. Miao.

3.PiGiamini

Pigiamini – Shoot for W(e)ave Magazine #0 by Paolo Cagnacci

La mia prima collezione si chiamava Pygiama&Superstar (forse chi segue questo blog da tempo se la ricorda). La storia del pigiama style mi appartiene da sempre. Un pigiama molto più simile a quelli dei rapper degli anni 90 rispetto a quelli classici, ma pur sempre pigiama. Bene, dopo un anno e mezzo di reclusione forzata, affezionate ai nostri pigiami, la scorsa stagione io e Lucia del Pasqua abbiamo tirato fuori i nostri due modelli di pigiama per uscire: Milano, un rigato dal taglio cittadino con ispirazione marina, e Ibiza, uno sbarazzino dai volumi ampi con stampa hawaiiana. Edizione limitatissima. Credo ne sia rimasto uno sullo shop. Ma torneranno.

4.Cucinando…tra le onde!

Cucinando in catamarano – Formentera – Summer 2021

Tegami&Scarpette era la mia “rubrica di cucina di una che non cucina“. E in effetti preferisco di gran lunga far cucinare gli altri per me (sì, per certe cose sono sia pigra che viziata). Ma è da diversi anni che bazzico cucine professionali o cucine di ville private per fare catering ed eventi. Ebbene sì, in estate mi trasformo anche in aiuto chef 😉 Un’opportunità che è arrivata un po’ per caso e che ho portato avanti per alimentare la mia curiosità e come sfida per me stessa. Ci vuole pazienza, precisione, velocità ma anche attenzione, creatività ma prima comprensione di un mondo fatto di sapori, di sostanze, di chimica e di colori. Un universo complesso al quale mi avvicino ogni volta con rispetto e soggezione, ma che mi diverte perché non ha niente a che fare con il mio lavoro e, in qualche modo, mi svuota la mente, arricchendola. Quest’estate ho anche provato l’ebrezza di cucinare in barca, yacht e catamarani giganti. Non ho vomitato, non ho distrutto nulla e non ho tirato tartine addosso a milionari con i vestiti della festa. Insomma, altre conquiste che segno! Tu fai mai cose che ti portano ad uscire dalla tua comfort zone? (Comunque a febbraio comincio il corso di pasticceria)!

5.Amici tra distanze e presenze

Amici. Si fa presto a dire amici. Si fa un po’ meno presto ad ESSERE veramente amici e dimostrarlo con azioni e gesti concreti. Tengo talmente tanto all’amicizia che a volte prendo delle grosse batoste a causa di sviste o per colpa dei miei occhiali con filtro amicizia che mi fanno vedere persone che non esistono…o che insomma, non sono così amiche come sembrano. Gli stessi occhiali, temo, che mi fanno rimanere sulle mie laddove invece mi potrei lasciare andare. Una cara amica mi ha detto “Tu sei un gatto, ma ti comporti come un cane“! Ovviamente da gattara e da Morgatta questa cosa mi ha spiazzato e innervosito, poi ci ho rimuginato per giorni per arrivare alla conclusione. Il gatto prima di fidarsi ti annusa, ti scruta, ti osserva, ti gira intorno e poi, forse, si concede. Quando gli girano le palle o viene sgridato, graffia e fa i dispetti. Il cane è fedele e tale rimane anche se il suo padrone è chiaramente una merda! Ecco, rimanere fedeli ed ancorati a certe relazioni che non fanno più bene, non ha nessun senso. Gli amici sono quelli che ci sono, sempre, nonostante la distanza; ci sono nel bene e anche nel male (perché a prendere solo il buono son buoni tutti); gli amici si vedono dalla qualità e non dalla quantità, ma soprattutto dalla sincerità. Più vado avanti e più divento esigente. Le amicizie sono relazioni che vanno curate ogni singolo giorno. Se no sono rapporti di convenienza. Mi sa che quest’estate mi è servita per pulire le lenti dei maledetti occhiali filtrati…anzi, quasi quasi li butto! 😉

6.Slow Life, Better Life

Ho scritto un promemoria per scalare elegantemente marcia e riappropriarsi del proprio tempo. Perché ne sentivo l’esigenza. E sentivo intorno a me l’ansia da tempo mancante affliggere amici, conoscenti e perfetti sconosciuti trovati in rete. Ho scritto il mio piccolo elogio della lentezza, che fatto da una iperattiva e rapida è tutto dire. L’ho scritto e l’ho regalato agli iscritti alla mia newsletter. Oggi, se lo vuoi, lo regalo anche a te. Clicca qui sotto e prenditi il tempo per leggerlo 😉

7.Corallino, il mio gatto sirena (grazie Steven)

Ci sono voluti 4 anni e numerose prese di culo da parte di tutti i miei amici tatuatori (ne conosco svariati, sì) prima di avere il mio piccolo gatto-sirena addosso, a fare compagnia alla mia sirena. “Il gatto sirena non esiste” – “É una forzatura” – “Pare un insaccato” – “Non torna“. Queste le obiezioni più quotate; un giorno Gianluca mi manda la faccia di un gatto con la sirena della polizia in testa. C’ho amici spiritosi. Ma quest’anno è arrivato Corallino ad opera di quella macchina umana che è Steven Cohen (specializzato in realismo, i gatti sirena e altri soggetti stupidi li fa solo a me perché mi vuole bene). I gatti sirena esistono. Sono per quelli che credono nella magia…

8.W(e)ave Magazine Numero Uno: ce l’abbiamo fatta!

Quando ad Aprile di quest’anno abbiamo tirato fuori W(e)ave Magazine #0 non avevamo idea di come sarebbe andata né se ci sarebbe stato un seguito. Ebbene, sei mesi dopo, ecco il Numero Uno in tutta la sua bellezza, stampata e digitale. Non è stato facile, è stata una bella sfida ma anche una bella opportunità di crescita, soprattutto umana. Ma a questo temo mi toccherà dedicare un post a parte 😉 Intanto sappi che si può sostenere il progetto acquistando la rivista QUI!

9.Intenso (verso nuove mete)

Intensi. Ecco la parola che meglio descrive questi 8 mesi appena trascorsi. Pieni, carichi, ricchi e a tratti sfiancanti. Bene e male, conquiste e perdite, pianti e risate, respiri e apnee, conferme e smentite, progetti andati a monte e progetti andati a buon fine. Sono uscita dall’estate un po’ provata. Sono entrata nell’autunno ancora più provata. Hai presente quando vorresti prenderti un attimo di pausa per riflettere e rimettere tutto in ordine con calma per ripartire in maniera sistemata ed organizzata? Ecco, quell’attimo al momento non si incontra disponibile. Si prega di richiamare più tardi. Giocare il Jolly. O attaccarsi al c…ops! Insomma, tocca mettere in ordine camminando O_o Riattivare il ninja che è in me e fluire senza affogare. Andiamoooo!!!

Il ghiaccio l’ho rotto. Spero di non aver rotto anche le palle ;P Bentrovati/e. Ci sentiamo presto da queste parti con nuovi esilaranti post informativi, divulgativi e di intrattenimento (che du’ cazzate ogni tanto ci vogliono).