Etikology & Nanou: moda organica e sostenibile “Made in Ibiza”

Ho conosciuto Nanou Couture, ma soprattutto il “duo” che lavora assiduamente dietro a questo brand, la scorsa estate durante la sfilata di Moda Adlib in quel di Ibiza (vi avevo già accennato qualcosa); Luca e Nadege avevano invitato Andrea Verdura a vestire i piedi delle loro modelle, creando una sinergia con il marchio toscano non solo stilistica ma anche legata ai valori comuni che li legano: etica e sostenibilità. Quest’inverno, complice Sfashion e qualche viaggio in più sulla Isla ci siamo ritrovati ed ho voluto approfondire la conoscenza, proprio perché si parla spesso di “moda etica e sostenibile” senza sapere, in pratica, in cosa consiste e come si fa. Ecco, loro la fanno sul serio, progettando capi “buoni” e parecchio belli, pratici e comodi, producendo tutto in casa (davvero) e a Km0. Ci siamo fatti una bella chiacchierata…

Chi c’è dietro a Nanou Couture? “Nanou è il diminutivo di Nadege: è così che sua madre Claude la chiamava da bimba. Nanou è la stilista, creatrice e artista che ha dato vita al progetto praticamente da sempre, da quando ha cominciato a cucire a St Michel, a Parigi, per un gruppo di cosplayers. Da quel momento ha saputo che il suo universo sarebbe girato attorno alla Couture.” Nadege è la componente creativa, ma al suo fianco c’è Luca, co-fondatore del marchio e uomo-marketing dalla parlantina veloce. Nanou è moda organica, un progetto che ha cominciato a muovere i primi passi nel 2009 e che continua a crescere anno dopo anno, anche in virtù di viaggi preziosi che hanno fatto lasciare qualsiasi dubbio su quale fosse la strada da seguire: “Il concetto di moda organica Etikology nasce dopo un viaggio in Nord Africa, dove Nadege si è resa conto della realtà che si cela dietro lo smaltimento dei rifiuti: centinaia di dune di sabbia e di buste di spazzatura unite in un triste matrimonio di odori nauseabondi, sotto il sole cocente del Marocco. Dal momento che realmente nulla si crea e nulla si distrugge, Nanou Couture con il progetto Etikology vuole creare moda con metodi e materiali che rispettino l’ambiente e l’essere umano. Un ritorno al passato senza dimenticare il presente che ci circonda.

Ogni collezione è unica, parte dalla musica e dall’osservazione delle persone “quando non ti vedono, quando sono naturali, quando non si sentono osservate e giudicate da altre persone. Quando sono comode. Quando sono stanche. Quando sono in crisi. Quando lottano. Cerchiamo nuove tecniche di sartoria, aspiriamo alla creazione di modelli di grande impatto realizzati con tessuti semplici.” In effetti già ai tempi rimasi impressionata dai lunghi kimono e anche dagli abiti, perché calzavano alla perfezione e nello stesso tempo davano l’idea di essere incredibilmente comodi. La scelta dei materiali è attenta dall’inizio alla fine della produzione ed è quasi tutto “Made in Ibiza” (o comunque in Spagna)..

Usiamo prodotti che siano il più possibile autoctoni. Usiamo cotone prodotto in Spagna, a Girona, vicino Barcellona. Possiamo tracciare il percorso del nostro cotone dalla pianta al tessuto, possiamo accedere a qualsiasi parte del processo di produzione, e questo è molto importante. La maggior parte dei tessuti che vengono importati da Turchia, Egitto o Brasile sono cotoni OGM, sbiancati con cloro, tessuti in fabbriche dove i diritti umani sono a dir poco scarsi. I marchi OCCGuarantee (Organic Cotton Color Guarantee) e GOTS (Global Organic Textile Standard) garantiscono la qualità di un prodotto organico, ecologico, non-ogm e nel suo colore originale. A questo bisogna aggiungere la crisi economica che spinge la gente a essere creativa, cè un grande bisogno di creare posti di lavoro qui dove la gente non ne ha. Molti atelier di moda hanno preferito chiudere piuttosto che continuare a portare avanti i loro marchi, a causa della competizione dei vari Zara e Pimkie presenti sull’isola. Abbiamo conosciuto sarte e sarti di altissimo livello lavorare “dove possono”, pulendo stanze di albergo o in spiagge con i lettini. E deve fare riflettere il fatto che il paese con Inditex sia lo stesso paese dove professionisti del settore lasciano il lavoro di tutta una vita. Occhio, non si giudica. Si analizza. Sono scelte. Io non produco in India e non lo farò. Preferisco farlo con la mia gente qui dove vivo, e presentare un prodotto con un controllo di qualità eccellente, piuttosto che delocalizzare solo per farlo diventare più economico.

Un doppio impegno, quindi, sia legato alla tutela dell’ambiente sia alla valorizzazione del territorio in termini di prodotti ma anche di risorse umane, che di sicuro non mancano ma che spesso sono costrette a ripiegare su altri mestieri perché le produzioni vengono fatte all’estero. “Etikology è il progetto 100% sostenibile di Nanou Couture, il risultato di etica, ecologia e logica applicati alla moda. Nasce nel 2016 come collezione per la sfilata della moda AdLib. Il concetto si è poi esteso a tutta una serie di progetti sostenibili, riallacciandosi con la Slow Fashion, che è una moda a km 0 con uso di materiali naturali o riciclati, tecniche zero waste e assenza di agenti chimici nocivi per salute e ambiente. Come marca artigianale facciamo tutto a mano e con gente del posto in cui viviamo, produciamo tutto qui a Ibiza. Abbiamo aggiunto al concetto di moda sostenibile ed etica pigmenti naturali estratti da piante che coltiviamo nel giardino e negli spazi verdi dell’isola, per dare un tocco di colore in più e migliorare l’estetica del prodotto, e usiamo sale e aceto di produzione locale per fissare i colori al tessuto.

A volte penso che la sostenibilità sia solo la “parola” del momento, altre volte penso che sia l’unica strada percorribile per attuare un cambiamento reale. “La sostenibilità è chiaramente un valore, in realtà non è altro che il consumo responsabile che i nostri nonni avevano all’ordine del giorno. Ultimamente ci sono tante aziende che cercano di ripulire l’immagine del marchio con un’operazione di marketing chiamata greenwashing, che ricicla il concetto di fast fashion aggiungendo dettagli più o meno naturali o ecologici alle loro collezioni, ma che in realtà risultano essere specchietti per le allodole. Però le bugie hanno le gambe corte, e il fatto che una multinazionale usi plastica riciclata recuperata dal mare non deve farci dimenticare che continua lo stesso a contaminare fiumi, distruggere ecosistemi e sfruttare le persone in qualche altra parte del mondo. Questo è il prezzo reale delle cose che compriamo. Sempre più persone sono consapevoli di tutto ciò e stanno spingendo affinché le cose cambino realmente.

Sostenibilità ma anche personalizzazione e servizio sartoriale su misura per il cliente. Questo è quello che c’è alla base dell’idea del “vestito perfetto“…“Ciò che mi è capitato di osservare negli ultimi anni è che le persone non sono quasi mai totalmente contente di ciò che comprano. Una manica, la lunghezza della gonna, due-tre centimetri di spacco in meno, uno scollo più o meno aperto… Quante volte andiamo via dalle boutique contenti solo a metà? Il “vestito perfetto” nasce con il concetto di Antica Sartoria Digitale, ovvero riprendere la sartoria di sempre con l’uso delle nuove tecnologie: facciamo vestiti su misura a persone che ci contattano online e li personalizziamo fino all’ultimo dettaglio. Si può scegliere tra 90 differenti modelli di 3 colori naturali del cotone OCCGuarantee e se c’è un dettaglio che si vuole cambiare, lo si cambia. Adattiamo, in definitiva, il vestito al cliente e non il cliente al vestito.” Finalmente…;)

M: Se ti dico moda…

Luca: …rispondo Etikology! Etica ecologia e logica. Compra poco, buono e fatto da persone per le persone.

M: Se ti dico Sfashion…

L: Sfashion mi piace tantissimo. Mi fa pensare alla Slow Fashion, contrapposta alla moda fast di usare, buttare e comprare di nuovo, circolo vizioso da cui a volte è complicato uscire. Ma siamo fiduciosi, una moda più sostenibile e meno dannosa per il mondo è necessaria e possibile, e la gente sembra essersene resa conto. Finalmente.

C’è poco altro da aggiungere, se non che Nadege e Luca sono un esempio e ispirazione per quanti vogliono davvero produrre in maniera differente (è possibile e dà anche parecchia soddisfazione); Nanou ed Etikology sono due brand dai quali attingere capi originali, comodi e stilosi, frutto di una ricerca costante. In più sono ambasciatori di Fashion Revolution Ibiza e anche quest’anno hanno in programma un evento da non perdere (il 24 aprile, maggiori informazioni qui). Per cui se passate da Ibiza quest’estate potete passare a trovarli o altrimenti iniziare a conoscerli sul web tramite la pagina FB o Instagram. Io li passerò a trovare spesso…e chissà che da cosa nasca cosa. Quando l’onda è la stessa, è bello cavalcarla insieme!

Adlib: vestiti come ti pare!

IMG_0757Quest’anno niente Pitti per me. In alternativa alla Sagra dei Cloni (della quale per una volta faccio volentieri a meno) mi sono deliziata con le sfilate di moda ibizenche. La moda Adlib, dal Latino “Ad Líbitum”, a piacere, è un modo di vestire tipicamente legato a l’isola di Ibiza, conosciuto anche come “stile Ibizenco“; agli inizi degli anni 70 fu la principessa jugoslava Smilja Mihailovitch a farsi promotrice e prima testimonial di questa moda, fatta di cappelli di paglia, bianco, influenze hippy, comodità ed eclettismo, il cui motto ispiratore è “Vestiti come ti pare, ma con gusto“. Praticamente l’opposto di quello che dice la moda 😉 Uno stile trasversale, senza tempo, originale, che inneggia (veramente) alla libertà di espressione.

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Nella cornice del Recinto Ferial di Ibiza si è svolta la 45°esima edizione di questa manifestazione, con una tre giorni di sfilate: una serata dedicata ai talenti emergenti e due nelle quali ben 26 designer hanno presentato le loro collezioni per il 2017. L’atmosfera non ha niente a che vedere con le nostre settimane della moda: il nero funereo dei parterre nostrani lascia il posto al bianco, ai colori, ai cappelli, ai fiori, agli accessori sgargianti ma soprattutto ai sorrisi. Sono monotona, ma qui la gente ride, si saluta, non si lancia sguardi d’invidia ma di genuina ammirazione; non c’è nessun “personaggio” perché ognuno lo è a modo suo, meravigliosi e stravaganti nei loro abiti variopinti. Un altro punto a favore è stata la colonna sonora: niente “musica da semi-trombo lounge” (come una volta disse il mio vecchio Prof. mentre assistevamo ad una sfilata), ma sottofondi felici, ritmati, da ballare e cantare; quando la cantante dalla voce nera si è esibita dal vivo accompagnando i passi delle modelle…volevo piangere dalla gioia!

Ad Lib 2016. Pasarela viernes.

Ad Lib 2016. Pasarela viernes.

Ad aprire lo show una delle mie designer preferite (praticamente ad ogni mio pellegrinaggio ibizenco corrispondeva l’acquisto di un suo capo), Beatrice San Francisco, con le sue guerriere vestite di provocanti abiti in maglieria. Attiva dal 1997, le sue creazioni, tutte realizzate in cotone ecologico e prodotte in Spagna, hanno scavalcato i confini dell’isola, conquistando spazi e venendo apprezzata anche in Europa. Asimmetrie, incroci, piume, catene, fili dorati che si intrecciato nelle trame della maglieria calata, creano dei preziosi abiti di un’eleganza inusuale, per combattenti moderne che vogliono sentirsi sexy senza rinunciare alla comodità. Nell’ultimo anno si è andata affermando anche la linea uomo, BSF, creata insieme al marito: anche i guerrieri semi nudi piumati fanno il loro sporco effetto, con le maglie e pantaloni morbidi, portati in scioltezza (e senza risvolto).

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PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

Altro marchio che ha attirato la mia attenzione è stato Nanou Couture, con i suoi kimoni, ponchi e cardigan scivolati e leggeri. La filosofia è quella dello “slow fashion“, di una moda etica, consapevole ed unica; ogni capo è realizzato con cotone organico garantito, colorato con tinture 100% naturali ottenute con l’utilizzo di fiori e piante. Nanou realizza piccole quantità, ma soprattutto produce su misura per il cliente, con un approccio personale e personalizzato, in aperta contraddizione con quello che il “fast fashion” propone quotidianamente. Ai piedi dei loro modelli, poi, hanno sfilato le scarpe di un toscanissimo Andrea Verdura (nostro amico, lo ammetto con una punta di orgoglio): ciabatte, stivaletti corti e alti realizzati interamente con reti da pesca;  super comode e stilose, hanno subito stregato gli abitanti e avventori dell’isola (e non solo, anche le fashion blogger più attente stanno facendo a gara per accaparrarsi un suo paio di scarpe…poi non dite che non vi avevo avvisato)! 😉

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

A chiudere la serata un’altra icona dell’Isola: loro non sono semplicemente un “brand”, sono un’istituzione formato famiglia che da anni porta avanti vita e lavoro sotto forma di accessori e capi che uniscono artigianalità, tradizione e materiali provenienti da tutto il mondo, World Family Ibiza. L’energia positiva sprigionata da questa famiglia, la cui storia mi prometto di raccontarvela in un post a parte, è incredibile: sono uniti, sempre sorridenti e circondati da un’aura di positività che riescono a trasmettere a qualunque prodotto facciano. Specializzati in borse ed accessori pieni di colori, nappe, patch e ricche lavorazioni (minimal non è un aggettivo utilizzabile in questo caso), sono riusciti a trasferire il loro stile e gusto anche all’abbigliamento presentando, in questa sede, una collezione tribal rock con chiari riferimenti alle cerimonie tribali ed anche un piccolo omaggio all’Ibiza rocker degli anni 80.

Ad Lib 2016. Pasarela viernes.

Ad Lib 2016. Pasarela viernes.

Ad Lib 2016. Pasarela viernes.

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PASARELA ADLIB MODA IBIZA 2016

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Io in questo clima di colori, musica e libertà mi sono sentita profondamente a mio agio. Tanto che mi sono lasciata perfino immortalare sul “black carpet” (cosa alla quale solitamente rifuggo)…13413612_10153916376908557_3034620178201344495_n

Tanto che mi è tornata quasi voglia di rimettermi a fare la stilista…;)

Foto di Sergio Cañizares